Silvio furioso: "Il fango ricadrà su chi mi attacca"

Resistere, almeno fino a quando non si capirà meglio fino a dove si vogliono spingere i magistrati. E allo stesso tempo non mollare la presa su Gianfranco Fini. Silvio Berlusconi lo ribadisce durante il consiglio dei ministri di ieri mattina, sottolineando che il governo deve andare avanti, lavorare e portare a casa le riforme. Perché – ripete senza sosta il premier – la gente è dalla nostra parte e ben presto tutta questa storia di Ruby si sgonfierà. E tra le soluzioni possibili per arginare l'attacco dei magistrati prende sempre più corpo l'idea di ripristinare l'immunità parlamentare. Da giorni il premier ne parla nelle riunioni con i vertici del partito spiegando che solo in questo modo si potrebbe difendere l'espressione della «volontà popolare». Intanto però, ai ministri riuniti a palazzo Chigi Berlusconi assicura che la maggioranza respingerà ogni attacco della magistratura per consentire al Paese di tornare alla normalità democratica, promettendo che nei prossimi giorni si penserà anche a un allargamento della maggioranza con l'«innesto» di qualche nuovo parlamentare. E forse anche di questo il premier ha parlato con Marco Pannella che è andato a trovarlo ieri mattina. «Un colloquio utile e costruttivo – ha commentato il premier – Concordo con l'amico e leader radicale Marco Pannella che ha definito così il nostro incontro di questa mattina. Un'altra occasione, dopo quella del dicembre scorso, nella quale abbiamo parlato di riforme condivisibili, a cominciare da quella della giustizia». E proprio il tema delle riforme è stato uno dei punti centrali del videomessaggio che il Cavaliere ha inviato in serata ai Promotori della Libertà di Michela Brambilla e che è subito «rimbalzato» su tutte le televisioni. Anche se è sempre l'«assalto» dei giudici quello che più fa infuriare Berlusconi. Quando parla delle intercettazioni arriva addirittura a «brandire» il telefono che è appoggiato sulla scrivania accanto a lui. «Quando in un paese democratico, e questo accade solo in Italia, si arriva a violare il domicilio del Presidente del Consiglio – spiega – e a considerare possibile indiziato di reato chiunque vi entri, significa che il livello di guardia è stato ampiamente superato». «Non è un Paese libero – prosegue prendendo in mano la cornetta – quello in cui quando si alza il telefono non si è sicuri della inviolabilità delle proprie conversazioni. Non è un Paese libero quello in cui un cittadino può trovare sui giornali delle proprie conversazioni che fanno parte del proprio privato e non hanno nessun contenuto penalmente rilevante». E a chi lo accusa di non volersi presentare davanti ai magistrati milanesi Berlusconi risponde di non avere alcun timore «di farmi giudicare». «Ma io ho diritto, come ogni altro cittadino – ribatte – di presentarmi di fronte al mio giudice naturale, che non è la Procura di Milano ma il giudice assegnatomi dalla Costituzione cioè il Tribunale dei Ministri che non è un tribunale speciale fatto apposta per me, ma è composto da giudici scelti per sorteggio. E avendo la coscienza totalmente tranquilla, lo farò appena sarà stata ristabilita una situazione di correttezza giudiziaria». Il premier attacca anche Fini senza però mai nominarlo. «Non siamo noi ad aver tradito chi ci ha eletto. Noi portiamo avanti coerentemente il programma di governo concordato con gli italiani. Non siamo noi ad aver stracciato il contratto col popolo, che ci aveva conferito un mandato talmente ampio da poter configurare questa come una legislatura costituente». Ma la colpa del leader di Futuro e Libertà è anche di aver bloccato le riforme, prima fra tutte quella della giustizia: «Non siamo noi ad aver sabotato il cammino delle riforme facendo ripiombare il Paese nei teatrini della vecchia politica, delle verifiche e dei voti di fiducia a ripetizione». Prove di forza contro la maggioranza che si sono sempre risolte con una sconfitta dell'opposizione: «Ci hanno imposto, dal 29 settembre ad oggi, ben sette verifiche parlamentari sulla tenuta del governo, e noi abbiamo sempre vinto: 7 a zero». E nonostante questi intralci, è il ragionamento del presidente del Consiglio, il governo ha continuato a lavorare per i cittadini: «Negli ultimi due mesi, abbiamo approvato in via definitiva la riforma dell'Università che completa l'intero ciclo della rifondazione della scuola, la prima che viene attuata nel dopoguerra. Poi è stata approvata e diviene operativa la Banca del Sud». «Noi governiamo, e continueremo a governare – è la promessa del Cav – E il fango ricadrà su chi cerca di usarlo contro di noi». Ma intanto il Pdl frena sulla manifestazione del 13 febbraio a Milano contro i giudici. Anche per le pressioni di Napolitano che ha chiesto di evitare di avvelenare ancora di più il clima politico.