Berlusconi chiami Obama

seguedalla prima di MARIO SECHI La crisi diplomatica americana ci riguarda tutti da vicino e non solo per i documenti in cui verrà citato il nostro Paese e magari dipinta (bene o male) la sua classe dirigente. Il mondo si regge su una grande democrazia, quella americana, e come spiega da par suo il nostro Ruggero Guarini (in prima pagina e poi nei commenti) fare il giochino del tanto peggio tanto meglio con gli Stati Uniti è da poveri imbecilli. Lo stesso diciamo a quelli che minimizzano e a quelli che vedono la Spectre in azione. Qui siamo di fronte a una rivoluzione dei rapporti e a un'inversione dei canoni della comunicazione. In passato erano i giornali a far ballare la rumba ai governi, oggi si sta delineando un sistema in cui la Rete domina, internet scandisce gli eventi e le crisi internazionali e siti web come Wikileaks sono capaci di influenzare l'agenda globale più di una potenza straniera che ha confini, popolo, storia, economia, infrastrutture ed eserciti. Basterebbero questi elementi per capire che non siamo di fronte al solito teatrino dei pupi e la risposta dell'establishment - di governo e d'opposizione - doveva essere diversa. Responsabile e nello stesso tempo fantasiosa. Il presidente Barack Obama è in grave difficoltà e se tutti noi crediamo che gli Stati Uniti siano il perno del sistema internazionale e un garante per la stabilità mondiale, dovremmo interrogarci su cosa possiamo fare per il nostro alleato. Invece è partito lo scaricabarile e il fuoco incrociato delle dichiarazioni preventive. Il governo avrebbe dovuto separare nettamente il caso Wikileaks da quello di Finmeccanica (questo sì oggetto di speculatori e appetiti stranieri). Avrebbe potuto sfruttare al volo l'occasione di un Obama con molti problemi e in calo netto di popolarità per lanciare la sua ciambella di salvataggio alla Casa Bianca. Se il politico più importante del mondo è in difficoltà, tu non crei problemi, ma cerchi di tirarlo fuori da guai perché è un interesse primario dell'Occidentale, cioè del mondo libero di cui tu fai parte. L'opposizione avrebbe dovuto dire subito che i documenti dell'ambasciata americana a Roma si valuteranno caso per caso e che comunque la politica di un governo e di uno Stato sovrano non vengono messi in discussione dai report di una potenza alleata, ma pur sempre straniera. Niente di tutto questo è accaduto perché nessuno si è premurato di analizzare e capire cosa sta accadendo. In questa storia potremmo giocare le nostre carte meglio di altri e guadagnare quel credito che l'Italia ha ottenuto, ma sempre in forma condizionata dai troppi ritardi sociali e culturali. La sinistra dovrebbe capire una volta per tutte che se i documenti vanno online saranno guai per tutti. E il governo dovrebbe abbandonare subito una linea confusa e paranoica sul fronte delle relazioni internazionali. Nada de nada. Tutto è abborracciato e senza senso, con una sinistra imbarazzante che fa finta di saperla lunga e un governo che non sa niente e trae conclusioni da spy story di serie b. La mole di documenti che sta per essere messa online può destabilizzare molte aree geopolitiche e compromettere la fragile pace raggiunta in molti Stati. E qui da noi c'è chi freme per i report su Ruby e scosciate varie. Spero solo che nell'opposizione Massimo D'Alema - almeno lui - non abbia perso i rudimenti della politica estera. Ho appreso che per ora non ha alcuna intenzione di convocare il Copasir sul caso. E fa bene. Non caschi nel gioco idiota delle contrapposizioni e dei ricatti interni tra partiti e dentro i partiti. È stato ministro degli Esteri e sa come si giocano certe carte. D'Alema tenga ben presente che noi siamo la patria di Niccolò Macchiavelli, che la dottrina realista del Principe Metternich è ancora validissima e che non si fanno sceneggiate con ricchi premi e cotillon al Copasir su un tema così delicato. Lasci perdere i bollori antiberlusconiani di Briguglio, il lettone di Silvio e Putin. Sia quel che è: il migliore tra i compagni. Quello di Wikileaks è un caso nuovissimo, una guerra asimmetrica dell'informazione digitale che è destinata a cambiare la storia. Non partecipi alla cagnara in corso, non faccia la figura di quello che fa l'origami a fini interni di uno scenario estero che merita comprensione e impegno. Ci sarà tempo di dare giudizi politici anche molto duri quando Wikileaks pubblicherà i documenti online, in ogni caso, resta il fatto che i leader politici devono parlare a quattr'occhi di un tema che prima o poi scoppierà tra le mani di tutti. Chi sogna oggi di martellare il presidente del Consiglio sulla base dei documenti di Wikileaks, rischia domani di trasformarsi in quel Tafazzi che le martellate se le dava in mezzo alle gambe e rideva. Se i documenti italiani di Wikileaks partono dal 2000, ci sarà ben poco da ridere per tutti. E non sarà consolante dire che tanto Prodi non c'è più. Il solo caso del mancato ingresso del gigante americano delle telecomunicazioni AT&T nel capitale di Telecom è un pasticcio clamoroso che sta tutto in testa al centrosinistra e a Prodi. Gli americani quella vicenda la presero come l'esempio del perché le grandi aziende battenti bandiera a stelle e strisce non devono investire neppure un soldo bucato in Italia. Basta questo esempio per capire che lo spazio per le strumentalizzazioni c'è ma si tratta di un gioco pericoloso, fuorviante, al limite del suicidio. E anche buttarla in caciara e parlare di complotto non è una gran trovata. Bisogna invece fare uno sforzo diplomatico per aiutare gli Stati Uniti a superare una crisi d'immagine e di rapporti diplomatici senza precedenti. Berlusconi applichi la legge della Realpolitik alla sua fantasia e capacità di relazioni: chiami il Presidente Obama e gli dia appoggio incondizionato. Lascerà ancora una volta gli speculatori a bocca asciutta. L'America è in crisi, ma resta il Paese che ci ha liberato.