Scacco all'inciucio "Niente Silvio-bis"

«È un'ipotesi che non prendo nemmeno in considerazione». Berlusconi taglia corto a chi gli chiede se ha valutato l'eventualità di non ottenere la fiducia. Non solo. È fermamente convinto che la verifica parlamentare lungi dall'essere un test per il Pdl, sarà una sorta di forche caudine per i finiani. Ieri al Quirinale, dopo aver assistito alla cerimonia di consegna delle onoreficienze che il presidente Giorgio Napolitano ha conferito ai Cavalieri del Lavoro, il premier ha messo la falange di Futuro e Libertà di fronte a un bivio. Di un Berlusconi bis non se ne parla per niente. «Se ci sarà la fiducia andremo avanti a lavorare, in caso contrario andremo al voto» dice perentorio e sottolinea che il Paese «ha bisogno di un Governo solido e non possiamo contare su chi non garantisce il massimo di lealtà al programma approvato dagli elettori». Il messaggio è chiaro: niente inciuci con Udc e Fli, nessun governo di compromesso allargato a Casini e Fini. L'alternativa è netta: o con me o si va al voto, dice Berlusconi ben sapendo che l'ipotesi di andare alle urne sta seminando il panico nelle file dei centristi e dei finiani. Tant'è che il vicepresidente vicario di Fli Benedetto della Vedova si è affrettato a dire che «l'alternativa al governo Berlusconi non è il voto». Per non parlare del Pd risucchiato da una crisi senza precedenti. Il premier insiste sullo scenario internazionale, sulla crisi di Irlanda e Grecia, sulla capacità mostrata finora dal governo di impedire che la speculazione travolgesse i conti pubblici, sulla barra salda dell'economia. Insomma aprire una crisi «sarebbe da irresponsabili, una iattura assoluta». E se poco prima il presidente della Repubblica aveva richiamato al senso di responsabilità delle forze politiche in una situazione di instabilità finanziaria, Berlusconi rilancia: «E per quale motivo, secondo voi, io mantengo un profilo così basso e lavoro così tanto in Europa? Lo faccio per le preoccupazioni che deriverebbero dall'instabilità di Governo e per l'attenzione che manifestiamo sui titoli del debito pubblico che dobbiamo piazzare; il prossimo anno sono 250 miliardi» Pertanto il voto di fiducia, si configura come una scelta se «si vuole che l'Italia continui ad avere quella stabilità che è assolutamente importante per resistere in una situazione di crisi» o abbandonare il Paese nel caos con tutto ciò che questo vorrebbe dire per l'economia. Intanto la conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha definito nel dettaglio la tempistica della crisi. Lunedì 13 dicembre il premier farà in Senato le comunicazioni del governo sulla situazione politica a cui seguirà la discussione generale. Il Senato voterà alle 10,30 del 14 dicembre sulla fiducia che sarà chiesta dal governo, mentre la Camera inizierà a votare sulla mozione di sfiducia presentata dall'opposizione intorno alle 12. Berlusconi tra le righe lascia intendere anche che la fiducia deve essere piena, in grado di assicurare la capacità di governo. Con una minifiducia alla Camera si aprirebbero scenari più pericolosi e il traguardo del voto sarebbe ugualmente inevitabile. Il 14 dicembre sarà anche la data in cui si riunirà la Corte Costituzionale per esprimersi sul legittimo impedimento. È probabile che ci sia un rinvio per evitare sovrapposizioni con il voto di fiducia ma il problema resta. In caso di bocciatura il premier resterebbe senza «scudo». Ieri Berlusconi ha incontrato a palazzo Grazioli il ministro della Giustizia, Angelino Alfano insieme al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta.