E sul Lodo Alfano resta il diktat di Gianfranco

La Commissione Affari costituzionali del Senato tornerà a occuparsi del Lodo Alfano oggi, in una seduta plenaria convocata alle 14,30. Le turbolenze del clima politico non lascerebbero presagire nulla di buono per un provvedimento sul quale la maggioranza si muove con molta cautela. Venerdì scorso sono stati resi noti gli emendamenti dei finiani e del PdL. Nessuna sorpresa in quelli di Futuro e libertà: il nucleo centrale rimane la non reiterabilità del Lodo. L'emendamento del PdL è, a tutti gli effetti, una riformulazione dell'impianto della legge: lo scudo giudiziario viene reso automatico e rinunciabile, sia per il presidente della Repubblica sia per il presidente del Consiglio, in ossequio alle preoccupazioni manifestate dal presidente della Repubblica in una lettera indirizzata al presidente della Commissione Carlo Vizzini. L'impressione è che Napolitano continuerà a seguire con attenzione l'iter del provvedimento, facendo - se sarà il caso - ancora sentire ancora la sua voce. E che Vizzini non voglia ricevere nuove «perplessità» dal Colle. È intorno a queste due impostazioni che si gioca la partita. Con il senatore Maurizio Saia, unico finiano in Commissione Affari Costituzionali, si trova d'accordo sulla non ripetibilità dello scudo il rappresentante del Movimento politico per le Autonomie, Giovanni Pistorio. I loro due voti porterebbero la Commissione sulla parità e, secondo il Regolamento di Palazzo Madama, alla bocciatura del provvedimento. È proprio questo che Vizzini vuole evitare. Nella giornata di oggi, infatti, il presidente, come non si stanca di ripetere da molti giorni, prenderà ancora tempo e concederà 24 se non 48 ore per i subemendamenti. La linea di Vizzini è chiara, come ha ribadito ancora ieri al Sole 24Ore: la crisi di governo, se mai si farà, sicuramente non sarà sul Lodo Alfano. Vizzini, insomma, è deciso a prendersi tutto il tempo necessario per sciogliere il nodo della non reiterabilità. Superato questo scoglio, Pdl e Fli, potranno affrontare insieme la riforma della giustizia, come stabilito dal voto congiunto dei due gruppi parlamentare quando il presidente del Consiglio Berlusconi presentò alle Camere i cinque punti del rinnovato programma.