Il fisco del Pd è un vero fiasco

L'obiettivo del Partito Democratico in tema di fisco è solo uno: tassare tutto quanto sia sinonimo di accumulo di ricchezza. Input atavico e inciso nei cromosomi comunisti. E che soprattutto rispetta il copione marxista. Quanto all'applicazione pratica però le idee sembrano abbastanza confuse. Così ieri dal palco di Varese, dove il Pd ha tenuto la sua Assemblea Nazionale, sono arrivate le nuove strade da battere per mettere le mani nel portafoglio degli italiani. A tracciarle il segretario Pier Luigi Bersani che ha detto: «Bisogna iniziare con il tassare le transazioni finanziarie».   Ecco la nuova meta degli economisti del Pd: dalle rendite finanziarie alle tassazioni finanziarie il passo sembra breve e l'obiettivo è lo stesso. Serve «una tassa sulla finanza per riparare ai danni della finanza» ha specificato il segretario del Pd che, dalla mannaia, ha però salvato le banche. Le stesse che di finanza hanno vissuto, anzi hanno a volte abusato. Ma tant'è. Così per Bersani le banche è meglio non toccarle: «Non è giusto invece tassare le banche perché si ha solo il risultato di aumentare i costi sui clienti». Il primo obiettivo sono dunque gli speculatori. Logico e legittimo. Peccato che la Tobin Tax, la tassa sui flussi di capitali, sia guardata con sospetto da molti paesi che a livello internazionale la sostengono. Insieme ai flussi che alimentano la speculazione nel mondo ci sono anche quelli positivi che si muovono alla ricerca di mercati dove creare investimenti, occupazione e ricchezza. Dunque facile a dirsi, difficile da applicarsi. Meglio tornare sulla terra avranno pensato gli estensori del documento di rivoluzione fiscale presentato ieri a Varese. Che prevede lo spostamento del carico fiscale dal lavoro, le famiglie e l'impresa alla rendita. Già ecco che alla fine il tasto su cui battere è sempre quello.   Quelle famigerate rendite finanziarie costituite dai frutti di azioni, obbligazioni e titoli di Stato, attualmente tassati al 12,5% e che il Pd vuole assolutamente portare al 20%. Non c'è nulla da fare. Anche chi risparmia e vuole mettere al sicuro il frutto dei suoi sacrifici deve pagare. Per gli ex comunisti basta avere anche una sola azione in un dossier titoli per trovarsi nella schiera dei capitalisti che guadagnano sulle spalle del proletariato. Non è più così. La cultura finanziaria degli italiani è cresciuta. I soldi non si tengono più solo sui conti correnti ma si investono. Anche gli operai quelli più oculati lo fanno. Una cosa almeno il Pd l'ha capita. Per vincere le elezioni, come Berlusconi ha fatto, bisogna promettere meno tasse. E su questo punto il documento rispetta questo principio. Si parte da un'aliquota di base per tutti, pari al 20%: sarebbe la prima aliquota (rispetto all'attuale 23%) per l'Irpef.