L'equivoco ideologico di Gianfranco

Una delle sfide più grandi della contemporaneità riguarda l’immigrazione. Dietro questa parola se ne celano altre: identità, lavoro, sicurezza, economia, popolo, nazione e patria. Tutta l’Europa s’interroga: come coniugare lo sbarco di uomini, donne e bambini provenienti da altri Paesi con una realtà sociale complessa e spesso contraddittoria? La globalizzazione ha aperto i mercati ma, paradossalmente, ha favorito la costruzione di barriere di difesa da parte dei popoli che - a torto o a ragione - si sentono minacciati «dall’invasione». La Francia, Stato con un passato coloniale importante, oggi si ritrova a dover fare i conti con un modello di «inclusione» che mostra tutti i suoi limiti. Abbiamo visto con i nostri occhi le periferie di Parigi, le banlieu, incendiarsi a causa delle rivolte di stranieri e oggi assistiamo a un braccio di ferro durissimo tra il presidente Nicolas Sarkozy e l’Unione Europea per le espulsioni di Rom. «Prenditeli tu» è stata la risposta di Sarkò al commissario lussemburghese Viviane Reding che criticava la politica dura dell’Eliseo. E in Italia che succede? Qual è la politica della destra? Roma sotto questo aspetto è un punto d'osservazione di prim'ordine. Ben prima che Sarkozy adottasse la linea dura, il sindaco della Capitale Gianni Alemanno aveva scelto una politica di «legge e ordine» sulla questione Rom e sull'immigrazione. Il primo cittadino ha avuto il coraggio di abbattere il muro del politicamente corretto per dire che l'integrazione non si compie con il metodo sposato dalla sinistra e, purtroppo, da una parte consistente della Chiesa. Alemanno ha sgomberato il più grande campo nomadi d'Europa, il Casilino 900 e su di lui si sono abbattute critiche feroci. Sarkozy ha rotto il tabù di una Francia pronta ad accogliere tutti e sopportare tutto per riportare la legge dove ormai non esisteva più. Prima i francesi. Roma e Parigi conducono la stessa battaglia e non a caso Silvio Berlusconi ieri ha dichiarato di appoggiare in pieno le decisioni di Sarkozy. Prima gli italiani. E in generale, prima i cittadini onesti, chi rispetta la legge e contribuisce alla crescita della Nazione. Ho letto articoli di giornale che grondavano ipocrisia. Editorialisti in frac che mostravano una pelosa compassione per i Rom, gli immigrati irregolari e il popolo che in alcuni testi della Scuola di Francoforte si riuniva in una sola parola: «reietti». La realtà è ben diversa e lorsignori parlano e scrivono senza sapere che cosa succede sui marciapiedi di una metropoli come Roma. Vorrei vederli, questi parrucconi, alle prese con un campo nomadi sotto il portoncino blindato di casa. Altro che terrazza, sospiro pensoso e discorso contro il Cavaliere nero. Gente che di fronte a un borseggio invocherebbe l'intervento delle forze speciali. Ma siccome sono radical chic e antropologicamente più intelligenti possono stare a parole con i Rom, rimpinzandosi di tartine e champagne. Il fenomeno dell'immigrazione è come il vento, non si può fermare solo con provvedimenti di ordine pubblico, ma pensare di lasciare tutto così com'è per far contenti i cenacoli degli intellettuali, gli ignavi e i terzomondisti è folle. Tutto questo accade mentre la destra italiana si ritrova alle prese con una bizzarra scissione «futurista». Quello che un tempo era il leader dell'ex Movimento sociale italiano, Gianfranco Fini, sull'immigrazione ha idee più vicine a quello del Pd che a quello della destra gollista di Sarkozy o del Pdl di Berlusconi. Fini sotto questo aspetto - e non solo - è un equivoco ideologico. Qui nessuno si sogna di dire che l'immigrazione non sia necessaria (al Nord serve forza lavoro) ma l'idea finiana di accelerare sul diritto di cittadinanza e sul voto agli immigrati si scontra con una realtà sociale in ebollizione. È scontato dire che sul burka si è d'accordo con Sarkozy e poi dimenticare che un Paese come la Francia ha virato su una linea di fermezza e rispetto della legge che presuppone un'integrazione vera, concreta, basata sul lavoro e l'accettazione della Costituzione. Roma e Parigi per una volta vanno d'accordo. Post scriptum: il nostro rapporto con il colonnello Gheddafi va mantenuto, coltivato, aiutato a crescere. Senza accordi con Tripoli, l'immigrazione diventa un fenomeno pericoloso e ingestibile. Ma qualcuno del nostro governo tiri fuori gli attributi e spieghi ai libici che non si spara a casaccio alla prima barca che incrocia le loro acque. Anche la realpolitik ha un limite: il rispetto della vita.