"I soldi erano di Gaucci"

{{IMG_SX}}Quando qualcuno fa una vincita importante al Superenalotto, è sempre al titolare della ricevitoria in cui si è giocata la schedina vincente che, il giorno dopo, si fa la classica domanda: «Si ricorda chi è stato?». A Francesco Basilico, ex amministratore della ricevitoria dell'Enalotto di via Merulana 266 a Roma dove, il 2 maggio 1998, fu giocata la schedina da 2,2 miliardi di lire al centro della querelle tra Luciano Gaucci e la sua ex compagna, Elisabetta Tulliani, questa domanda è stata posta dopo dodici anni, ma non ha dubbi. «A fare la puntata - dice in un'intervista esclusiva pubblicata da Panorama da oggi in edicola - fu la segretaria di Gaucci, Barbara». L'amministratore della ricevitoria descrive Gaucci come un suo cliente abituale: «Lui amava giocare - dice - è un "cavallaro" e lo sa tutta Roma che era uno che giocava parecchio. Il primo giorno mi ha giocato 28 milioni di lire». Basilico racconta che le puntate dell'ex patron del Perugia erano di alcuni milioni a settimana, spesso pagate in contanti. «Sa, la mia era una ricevitoria speciale», spiega raccontando di aver fatto alzare i massimali di gioco generalmente imposti dalla Sisal, proprio per soddisfare le esigenze di un giocatore accanito come Gaucci. L'ex titolare del locale di via Merulana è sicuro quando smentisce la versione di Elisabetta Tulliani: «Barbara non dipendeva da Elisabetta Tulliani. Era la segretaria di Gaucci». E aggiunge «Ne sono certissimo. Perché Tulliani non poteva giocare una schedina di 20 numeri, 19 numeri, 18 numeri. Sono tanti soldi». Basilico ricorda che la schedina vincente (la numero 035049 del concorso 35 del 1998) fu pagata in contanti. La puntata fu di 3 milioni 775 mila lire: «Me li portò Barbara in una borsa», racconta. La giocata fruttò due miliardi e 200 milioni di lire. Basilico ricorda che fece un 5 più 1, una trentina di 5, un centinaio di 4 e 7/8 mila 3. «Poi - rivela il titolare della ricevitoria a Panorama - mi ricordo che la domenica mattina (cioè il giorno successivo alla giocata) vennero Gaucci e Tulliani. Quando seppe della vincita, lui mi disse: "Sono stato tutta la sera in ansia". Perché se quella sera fosse uscito il 6, ciò avrebbe ridotto la sua vincita del 5 più 1». La palla passa adesso alla Tulliani. Tramite i suoi legali, esibendo la ricevuta della tanto discussa schedina, aveva detto che era stata lei a vincere e che aveva ceduto la metà dell'incasso all'allora amato Gaucci. Lui avrebbe dovuto gestirli «in proficui investimenti» per lei, anche se - sempre secondo gli avvocati - l'ex patron del Perugia non ha mai restituito la somma. «La vincita al superenalotto è mia perché la schedina l'ho pagata io», ha invece più volte ripetuto Lucianone, raccontando che spesso mandava la sua segretaria a investire anche decine di milioni nei sistemi di gioco. I tempi sono cambiati. Una volta chi «sbancava» al Superenalotto faceva di tutto per rimanere nell'anonimato. Chi non ricorda Lino e Parola (al secolo Lino Banfi e Jerry Calà) nel film Al bar dello sport. I due protagonisti, dopo aver fatto tredici al Totocalcio, temendo di dover soddisfare gli amici con regali costosi, nascondono la vincita a tutti, familiari compresi. Dai vecchi film c'è sempre qualcosa da imparare.