L'uomo invisibile

Ci risiamo. Er Pomata, come ormai è stato ribattezzato a Roma Giancarlo Tulliani, ha mandato un altro messaggio in bottiglia. Il primo era affiorato sulla spiaggia di Ansedonia il 18 agosto nel giorno dell'incontro fra Gianfranco Fini e il suo avvocato Giulia Bongiorno fissato per mettere a punto la strategia difensiva: il silenzio. Strategia adottata anche dalla compagna Elisabetta e dai suoceri Sergio e Francesca. Muti mentre fanno castelli di sabbia sulla battigia insieme alle nipotine, tutti insieme appassionatamente. Tranne il desaparecido Giancarlo. Che non si trova eppure parla, almeno a sentire quelli del Corriere: «Nella famiglia Tulliani, in queste ore, circola una versione: Giancarlo, a parenti ed amici, avrebbe spiegato che l'affitto di Montecarlo sarebbe una sorta di "pagamento" per l'intermediazione svolta per la vendita dell'immobile monegasco», rivelava il quotidiano milanese il 18 agosto. Un clamoroso autogol, avevamo commentato noi del Tempo il giorno dopo, tentando di spiegare al giovane Giancarlo che il provento non dichiarato (in questo caso l'intermediazione immobiliare) farebbe scattare automaticamente una procedura di accertamento. Ma ecco che ieri è spuntata la seconda bottiglia, forse una magnum di Dom Perignon considerata la «dolce vita» dei Tullianos. E anche stavolta l'ha raccolta il Corriere della Sera che ha spedito un'inviata a Montecarlo a caccia del cognato in Ferrari. Dove, almeno a leggere fra le righe, il Tullianino si troverebbe. L'articolo firmato da Giusi Fasano esordisce infatti così: «Dal suo rifugio anti-giornalisti Giancarlo Tulliani parla soltanto con pochi fidatissimi amici». Quale rifugio? E poi chi sono questi benedetti amici? I soliti della prima «soffiata» o altri? Chissà. Dell'ultima bottiglia resta il messaggio alquanto singolare: «Stanno perdendo il loro tempo - avrebbe detto il cognato di Fini, secondo il Corriere - Possono continuare a cercare all'infinito, non troveranno mai nulla perché non c'è nulla da trovare». Sembra di sentirlo, Giancarlo, mentre si confessa nella Bat-caverna con in sottofondo la colonna sonora dei film di 007. «Fango, solo fango» racconta agli amici. «Io non ho mai avuto nessun ruolo in quelle società, né ufficiale e tanto meno occulto. Chi insinua il contrario lo fa in malafede». Tulliani non può smentire di avere preso in affitto la casetta di boulevard Princesse Charlotte. C'è persino il suo nome sul campanello. Meglio dunque prendersela con chi insinua che il suo nome sia legato alla Printemps o alla Timara, le due società offshore che hanno avuto o hanno a che fare con l'appartamento dello scandalo. Eppure fra i maligni che insinuano c'è anche suo cognato Fini: «Nel 2008 il Sig. Giancarlo Tulliani mi disse che, in base alle sue relazioni e conoscenze del settore immobiliare a Montecarlo, una società era interessata ad acquistare l'appartamento, notoriamente abbandonato da anni», aveva infatti spiegato al punto 4 della sua nota difensiva il presidente della Camera. Altri passaggi non sono noti perché il giovane Tulliani non parla pubblicamente. Solo agli amici e alla famiglia, compresi sorella e cognato: «Ci sono delle cose da spiegare, lo so. Ma non vi preoccupate, chiarisco tutto io» li avrebbe assicurati lo stesso Tulliani qualche giorno fa, aggiunge il quotidiano di via Solferino. Sarà. Intanto dalla Bat-caverna del Principato arrivano solo bottiglie piene di giustificazioni sgangherate. Per una verità forse fin troppo semplice da spiegare.