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Federalismo: forbici sulle Province Ma ne tagliano solamente quattro

Il ministro Giulio Tremonti

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La farsa continua. «Arriva il taglio delle mini Province», dicono. Ma è ancora fumo negli occhi. La commissione Affari Costituzionali della Camera ha approvato ieri l'emendamento del relatore Donato Bruno al ddl sulla Carta delle Autonomie. La proposta sancisce l'abolizione delle Province con meno di 200 mila abitanti ed è passata a maggioranza, con i voti di Lega e Pdl. Bossi e colleghi hanno cambiato idea, si penserà. Calderoli ieri ha anche dichiarato che si tratta di «un segnale importante che dimostra che la Lega abbia agito e agisca con buonsenso». Ma così non è. Il subemendamento presentato dalla deputata del Pdl Beatrice Lorenzin, votato anch'esso dai partiti di maggioranza, sembra esser stato scritto apposta per non pestare i piedi all'alleato leghista. Il provvedimento abbassa la soglia minima degli abitanti a 150 mila unità per le Province che hanno un territorio che sia per oltre il 50 per cento montano. Ripartono i calcoli. Le Province che contano meno di 200 mila residenti, stando ai dati Istat 2009 che la legge identifica come discriminanti, sono nove: Biella, Verbano-Cusio-Ossola, Vercelli, Sondrio, Fermo, Isernia, Rieti, Crotone e Vibo Valentia. Chi verrà salvato stavolta dall'espediente geografico della Lorenzin? Chiariamo innanzi tutto quanti enti andrà a colpire il tanto discusso provvedimento del governo. A non avere speranze sono quattro piccole realtà: Vercelli (180 mila 111 abitanti al 31 dicembre 2009 ) e le sue enormi - e in questo caso maledette - distese di riso; Isernia con i suoi 88 mila 895 residenti e i «soli» 423 metri sul livello del mare; Fermo (176.488 unità), montana solo per il 9% secondo l'Istat e Vibo Valentia (167.334 abitanti), territorio costiero costituito da terrazzi, posti a diverse quote, ma non abbastanza in alto. Passiamo adesso ai sopravvissuti, stando alle nuove condizioni degli emendamenti approvati ieri. Il titolo «Provincia che rischia ma se la cava sempre» spetta forse a Sondrio (dove è nato il ministro Tremonti): nella bozza provvisoria della manovra anticrisi in cui per la prima volta si parlava di abolizione, veniva salvata in quanto confinante con la Svizzera. Adesso che il provvedimento che escludeva dai tagli gli enti confinanti con i Paesi stranieri non c'è più, è la montagna lombarda a graziarla. A Biella più che incertezza c'è scaramanzia: «Siamo sopra i 150 mila abitanti, il 60 per cento del nostro territorio è montano e ora sto facendo fare i conti in Provincia per capire come siamo messi», ha commentato a caldo il presidente della Provincia piemontese, intervenuto da Roma dove ricopre anche il ruolo di deputato della Lega. Le Alpi Pennine e quelle Lepontine rendono più sicuro il presidente di Verbano-Cusio-Ossola, Massimo Nobili, la cui maggioranza è sostenuta da Pdl e Lega. «Noi rientriamo perfettamente in queste condizioni, e come noi rientrano le Province montane di Sondrio e di Trento con le quali ci siamo alleati nella rivendicazione. Le piccole Province non sono enti inutili, hanno anzi una loro specifica funzione per l'amministrazione dei rispettivi territori, sopratutto se con prevalenza montana», ha spiegato. E se il massiccio della Duchessa, il Terminillo e i monti della Laga salvano Rieti, Crotone tiene le dita incrociate e spera nella Sila. È proprio il presidente della piccola Provincia calabra, Stanislao Zurlo, forse, il più efficace a tirare le somme: «Sembra la montagna che ha partorito il topolino. È diventato un tormentone, drammatico e insieme ridicolo. Non so se ridere o piangere. Finalmente si è compreso quali erano i problemi finanziari dell'Italia: le Province di Crotone, Vibo Valentia, Isernia, Vercelli e Fermo». Anche Giuseppe Scopelliti, presidente della Regione Calabria, ha qualcosa da dire: «È un provvedimento inefficace ed inutile; questo taglio non porta risorse significative alla manovra economica, ma solo sbandamento, subbuglio e disagio sociale tra i cittadini. Siamo pronti a fare sacrifici solo se i tagli riguardano tutte le Province». Alla fine se ne accorge anche Ignazio La Russa: «Sono assolutamente d'accordo con il presidente della Regione Calabria quando sostiene che l'abolizione di sole tre piccole Province, così come previsto dalla Carta delle Autonomie, non porterebbe significativi vantaggi economici» ha dichiarato il ministro della Difesa che ha aggiunto: «Un simile provvedimento ha ragion d'essere e trova la mia piena condivisione solo se riguarda le Province nel loro complesso o almeno, con chiari criteri, una parte considerevole di esse».

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