Italia 2030: più anziani e pochi giovani

Un Paese con sempre più anziani e sempre meno giovani, in cui cresce, anziché diminuire, il divario tra Nord e Sud e che fatica non poco per rimanere un grande Paese e non crollare sotto il peso del debito pubblico. È l'Italia del 2030 secondo il Censis che, ieri, nell'ambito dell'annuale appuntamento di riflessione «Un mese di sociale» ha affrontato il tema «Come staremo al mondo» individuando come fattori cruciali «l'evoluzione del capitale umano e la progressiva liberazione dal debito pubblico». Fra vent'anni la popolazione residente lungo lo Stivale sarà di 62 milioni 129 mila persone, il 3,2% in più rispetto al 2010. L'aumento si registrerà in maniera esclusiva e consistente nelle regioni del Centro-Nord (con un incremento del 7,1% pari a due milioni e 800 mila persone) soprattutto per effetto dell'immigrazione, mentre gli abitanti del Sud del Paese diminuiranno del 4,3%. «Il Mezzogiorno - recita il rapporto - in assenza di interventi significativi, continuerà a perdere attrattività (890 mila residenti in meno)». L'emorragia di risorse umane al Sud è indicata anche da un tasso migratorio negativo, rispetto a quello positivo delle regioni centro-settentrionali (più 5,2%). Il Censis mostra preoccupazione: «Il trend di impoverimento del capitale umano al Sud comporterà un allargamento del divario rispetto al Nord sia come mercato di consumatori, sia come bacino di lavoratori, intaccando così i principali fattori di generazione della ricchezza». Ai dati dell'istituto di ricerca fa eco una nota di Sergio D'Antoni, deputato Pd e vicepresidente della commissione Finanze della Camera: «Le drammatiche proiezioni Censis sul rischio di una vera e propria desertificazione demografica al Sud, mettono in evidenza le colpe del governo Berlusconi, che anche in questa manovra penalizza il Mezzogiorno e non dà risposte alle centinaia di migliaia di giovani costretti a emigrare per trovare lavoro. Una generazione finora completamente abbandonata da questo esecutivo a trazione leghista», ha affermato. A preoccupare anche il dato relativo all'invecchiamento della popolazione: nel 2030 avremo più di un milione di giovani in meno. La fascia d'età compresa tra i 18 e i 34 anni, che oggi rappresenta il 20% della popolazione, fra vent'anni rappresenterà il 17,4%. Anche i bambini da 0 a 14 anni diminuiranno: da una quota del 14% del totale passeranno 12,9%. Ad aumentare - addirittura del 34,6% - gli over 65: nel 2030 saranno 16 milioni 441 mila rispetto ai 12 milioni 216 mila di oggi. Inoltre, ci saranno quasi due milioni di over 80 in più. Si allungherà ancora la vita: 87 anni e mezzo per le donne, 82,2 per gli uomini. Nel 2000 la speranza di vita era di 82,3 e 76,5 anni. Andando a guardare le proiezioni di natura strettamente economica le cose non migliorano: «per conservare gli attuali standard di vita serviranno 480 mila nuovi posti di lavoro all'anno per dieci anni». Gli scenari demografici ipotizzati ci imporrebbero di modificare profondamente il modo in cui lavoriamo e il modo in cui produciamo. Rimane forse quello relativo alla finanza pubblica il dato più preoccupante: dal 1990 il debito dello Stato è in continuo aumento e arriverà prevedibilmente al 118,2% alla fine del 2010. Per riportare il rapporto debito pubblico/Pil «sotto la soglia psicologica del 100%, cioè al 99%, servono 12 miliardi di euro l'anno per dieci anni» recuperabili - secondo il Censis - almeno in parte attraverso la lotta all'evasione fiscale.