Silvio sta perdendo la pazienza

Risolvere il problema il prima possibile. Anche perché rimanere in questa situazione di stallo, non fa altro che danneggiare l'intera maggioranza. Silvio Berlusconi auspica una soluzione rapida del caso Bocchino e, tra l'altro, con i suoi non nasconderebbe una certa irritazione per la campagna mediatica messa in campo da Gianfranco Fini, dopo la burrascosa direzione del Pdl, per spiegare le sue ragioni politiche. Irritazione diffusa anche tra i fedelissimi del premier. Anche perché, la domanda che si fanno in tanti è: qual è ora la strategia di Fini? Perché il presidente della Camera va in tv e sembra, "apparentemente", più soft, mentre uno degli uomini a lui più fedele (Bocchino) continua a picchiare? Intanto, proprio sul caso delle dimissioni di Bocchino da vicecapogruppo, oggi si riunirà l'assemblea del Pdl alla Camera per trovare una soluzione. Una riunione alla quale molto probabilmente sarà presente anche il premier e dove quasi certamente i finiani arriveranno del tutto spaccati. Berlusconi non ne può davvero più: è evidente a tutti che la linea scelta dall'ex leader di An è incompatibile con il partito e con il ruolo che occupa. Il tutto mentre Fini combatte Berlusconi sul suo terreno: una serrata campagna mediatica, iniziata domenica scorsa e culminata ieri sera con l'intervista a Porta a Porta. Raccontano tra i fedelissimi del Cav, che martedì dopo il passaggio televisivo di Fini a Ballarò, Berlusconi avrebbe manifestato a diversi interlocutori la sua forte perplessità. In particolare per il giudizio espresso da Fini sull'inno del Pdl "Meno male che Silvio c'e" durante la trasmissione di Giovanni Floris. «E evidente che è un inno che non mi piace - aveva detto Fini - non perché non mi piace che ci sia Silvio, ma perché un partito in una fase post-ideologica non ha bisogno di inni». La strategia comunicativa messa in atto dal presidente della Camera innervosisce il Cavaliere, che non ne comprende il fine reale.   Nonostante Fini ribadisca di voler esprimere pacatamente le ragioni del proprio dissenso ed illustrare costruttivamente le mosse della componente finiana per rafforzare il Pdl, Berlusconi non apprezza affatto che si cristallizzi l'esistenza di una minoranza e di un suo programma "parallelo". Appena rientrato a Roma Berlusconi avrebbe affrontato la questione delle dimissioni dal gruppo del Pdl alla Camera di Italo Bocchino, esprimendosi per la convocazione immediata del gruppo e l'accoglimento delle dimissioni, che Bocchino però condiziona alla rielezione di un nuovo "ticket" presidente-vice, candidandosi a quest'ultimo ruolo. Tradotto: il Cavaliere vuole mettere fine ai litigi e non intende sopportare che il partito venga esposto al pubblico "ludibrio". La maggioranza del gruppo sarebbe favorevole alle dimissioni di Italo Bocchino. A cominciare da Cicchitto il quale le vorrebbe accettare anche sull'onda dell'invito del premier ad assumere decisioni rapide senza farsi logorare in una lunga guerriglia parlamentare. Lo stesso Cicchitto ieri ha inviato una lettera al suo vice per annunciargli l'intenzione di riunire l'assemblea, fissata per stamattina alle 11, nella Sala della Lupa al primo piano di Montecitorio. E comunque, se le dimissioni dovessero essere accettate, secondo Fini sarebbe la dimostrazione che il Pdl non è un partito liberale e che in realtà non c'è possibilità di critica. Nella maggioranza dunque la tensione è ancora alle stelle. Lo dimostrano le polemiche esplose ieri pomeriggio dopo che il governo è stato battuto in una votazione importante sul ddl lavoro: i berlusconiani sospettano che alcune assenze dei finiani fossero calcolate, ma i tanti parlamentari mancati all'appello (oltre cento tra Pdl e Lega) non consentono automaticamente una deduzione di questo tipo. Ieri Berlusconi, dopo aver espresso pubblicamente la solita presa di distanza di rito dal Giornale, che ha attaccato la madre di Elisabetta Tulliani, compagna di Fini, per la sua collaborazione con la Rai, si è tuffato a capo fitto nel lavoro, oltre che del partito anche del governo. Nello specifico, il premier ha incontrato a colazione il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Sul tavolo, la crisi economica sul caso Grecia e il federalismo, cavallo di battaglia della Lega dopo i "paletti" indicati da Gianfranco Fini. Per quanto riguarda la Grecia, sul tappeto, riferiscono fonti del Pdl, ci sarebbe un decreto legge per aiutare il Paese ellenico. Tant'è che, subito dopo il pranzo di lavoro con il premier, Tremonti è salito al Colle per discutere dell'emergenza finanziaria e valutare con il presidente della Repubblica la necessità di un intervento.