Un Berlusconi al titanio che nessuno con un po' di acume politico si sarebbe mai sognato di affrontare ora a mani nude.

L'exleader di An ha deciso di lanciare un'offensiva contro il Cavaliere nel momento peggiore. Ognuno fa i suoi calcoli, ma quanto a tempistica possiamo dire che è da guinness dei fiaschi strategici. Fini ha invitato a pranzo Berlusconi per comunicargli la sua intenzione di costituire un gruppo autonomo in Parlamento. Berlusconi ha provato a farlo ragionare. Nisba. L'iniziativa dell'ex leader di An ha colto tutti di sorpresa, compresi i suoi ex compagni di viaggio di via della Scrofa. Prendete uno come Gianni Alemanno, sindaco di Roma, pensate che gli importi di più il futuro personale di Fini o un bilancio del Comune che soffre, ha bisogno di finanziamenti, progetti, lavoro duro, un governo amico e una Regione efficiente? Ho citato uno dei talenti della politica, se invece lasciamo da parte la politica e ci avventuriamo nel sottogoverno o al livello del semplice e comodo scranno, la domanda diventa una sola: chi seguirà il subcomandante Fini in una operazione kamikaze, come l'ultimo giapponese che combatte nel Pacifico mentre la guerra è finita da un pezzo? Perdere la poltrona o fregiarsi su una lapide della menzione d'onore per aver salvato l'Italia dall'incubo del Cavaliere nero? A voi l'ardua risposta. Non occorre aver studiato politologia per capire dove si sta andando a parare in queste ore. Indietro tutta, please. Gianfranco s'è fatto prendere la mano e i suoi ora sono impegnati a tirare il freno. Riusciranno i nostri eroi nell'impresa? Non lo sappiamo, perché siamo usciti da un pezzo dal mondo della logica, della politica, della vita istituzionale, per entrare in una seduta di psicologia collettiva. Basta leggere la cronaca sul pranzo in ristorante a Roma di quattordici baldi senatori per capire che siamo di fronte a un manipolo di finiani su Marte. Non riuscivano neppure a mettersi d'accordo sul ristorante dove incontrarsi, figurarsi su una scissione poco più grande di una cabina telefonica. La cronaca è impietosa e se passiamo dal reporter in fase da retroscena allo storico che conosce in profondità la Destra italiana, le cose vanno pure peggio. Il nostro prezioso Francesco Perfetti racconta per filo e per segno le ragioni per cui Gianfranco non è più il Fini di Fiuggi e neppure quello che fumava con fare da statista nelle stanze della Farnesina ai tempi dell'incarico agli Esteri. Fini ha cambiato parere su tutto. Niente da dire, solo che pretende di modificare la testa anche a quelli che di demolire le idee di An non ne vogliono sapere. Una svolta si può fare, una giravolta è più difficile da spiegare agli elettori. Fini questo problema non se lo è più posto. E i risultati si vedono. I finiani beccano gli applausi dell'establishment illuminato, dei giornaloni e della sinistra salottiera, ma di voti neppure l'ombra. Fini rivendica per sé il trenta per cento del Pdl e pensa che chi lo rappresenta là dentro debba esser sostituito - o peggio, punito - solo perché non crede che sia il caso di dare il voto agli immigrati, sostenere la cittadinanza breve e farsi alfiere di un laicismo che fa a pugni con un partito che si colloca dentro la tradizione cattolica italiana ed europea. Chi è più coerente tra Fini e Maurizio Gasparri? Fini si lamenta del potere della Lega al Nord e teme che il prossimo giro a Palazzo Chigi sia già stato opzionato da Giulio Tremonti con la benedizione di Umberto Bossi. Uno che coltiva questi timori si mette a lavorare nel partito e con i gruppi parlamentari per costruire - e se proprio ci tiene, costruirsi - un'alternativa, cioè un percorso politico dentro il Pdl, il programma e i valori che rappresenta. Martedì i finiani e gli uomini dell'ex blocco di An che ancora ragionano, incontreranno il presidente della Camera. Giovedì Fini si presenterà alla Direzione del Pdl. La vecchia Dc tutti questi scapricciamenti li avrebbe liofilizzati in una discussione nella segreteria, seguita da un documento congiunto che faceva propria una fumosa dichiarazione di corrente e regalava al ribelle di turno una poltrona in più nel partito e una nomina da qualche parte. Viste le discussioni delle ultime ore, gli attovagliamenti e i ripensamenti, il copione sarà questo, solo che la Dc è morta, An è finita e anche il Pdl, visti certi Fini, non sta tanto bene. Tutto ciò avviene mentre la Grecia brucia, l'Euro è sottoposto a tensioni fortissime, l'Italia se la cava meglio di altri ma con sulle spalle il terzo debito pubblico del mondo e il Vecchio Continente è come il manzoniano vaso di coccio tra i vasi di ferro (Stati Uniti e Cina). Berlusconi deve tirare dritto. C'è poco tempo da dedicare ai capricci. Mario Sechi