Comunque vada il voto per Bersani è un problema

Comunque vada sarà un problema. Per il Pd saranno sicuramente dolori. Anche se il centrosinistra dovesse vincere in tutte e tredici le Regioni. Anzi, proprio in quel caso - nell'eventualità cioé di un vero en plein che tuttavia sembra improbabile - i problemi che si aprirebbero per Bersani sarebbero ancora maggiori di una vittoria a metà. D'altro canto se non fosse una situazione paradossale non si addirebbe al Pd. Un partito nato sui paradossi e sulle contraddizioni. Anzitutto le vittorie o le sconfitte. Se in Puglia dovesse prevalere Nichi Vendola, il segretario del Pd si troverà una grana non da poco tra i piedi. Bari infatti già sta stretta a Nichi che guarda con sempre maggiore interesse a Roma. Piace al popolo di sinistra e gli applausi avuti in piazza del Popolo due settimane fa hanno fatto storcere la bocca a tutto il gotha democratico. Il governatore pugliese può puntare, in prospettiva, alla guida della coalizione. L'unico che lo aveva capito era stato Massimo D'Alema che non a caso ha provato a fermare in tutti i modi la sua corsa. Ma lui, Vendola, s'è riscattato rivolgendosi direttamente al popolo, almeno quello di sinistra, che l'ha premiato alle primarie. Ora aspetta la riconferma dei pugliesi. Situazione analoga è quella del Lazio, dove quella di Emma Bonino non era la candidatura gradita inizialmente a largo Nazzareno. E anche lei ha riscosso il pieno dei battimani in piazza del Popolo. E anche lei, dovesse vincere, diventerebbe un problema per Bersani perché potrebbe essere in grado di scalare il principale partito della sinistra. Non è un caso che il segretario del Pd sia andato di fatto a chiudere la campagna elettorale a Torino, a sostegno di Mercedes Bresso. Ma non basta. Bersani se la deve vedere anche con i capipopolo interni. Michele Santoro, per esempio. Il conduttore di Annozero ha dimostrato di avere un pubblico fisico. Non sono solo telespettatori. Sono persone pronte a mobilitarsi, a scendere in piazza per lui, a battersi per lui. E Santoro se ne vanta. Sbandiera centinaia di migliaia di persone che hanno seguito il suo show, dieci milioni di contatti sul sito internet diventato «il quinto più seguito al mondo». E quello è un mondo che vuole dettare la linea, spinge per un Pd più a sinistra, per un partito più dipietrista. Odiano, guarda caso, Massimo D'Alema. L'altra sera, quando Vauro ha tirato fuori una vignetta con la quale si chiedeva a Baffino stare zitto, c'è stata un'ovazione. E dunque anche lui, l'ex premier, diventerà dopo il voto un problema. Che farne? Nicola Latorre, ex braccio destro di D'Alema, scherzando in una trasmissione radiofonica ha detto che comunque preferirebbe buttare proprio Baffino dalla torre e tenere Bersani. Era una battuta, e va bene. Ma il nodo resta. Continuerà a fare il tutor? O Pier Luigi se ne affrancherà? Lo stesso interrogativo lo si potrebbe girare su Antonio Di Pietro. Comunque vadano le Regionali, l'Italia dei Valori si stabilizzerà, si radicherà sul territorio e comincerà ad avere una presenza locale considerevole.   Non è più il partitino residuale del tre o quattro per cento, ma è una forza che già alle Europee aveva dimostrato di essere presente su tutta la Penisola in maniera omogenea e notevole. Ora Tonino piazza dei paletti, delle fondamenta su cui poggiare una formazione politica che punta chiaramente a scardinare sempre più il Pd. Ecco perché per Bersani c'è sempre meno da sorridere. Forse se n'è accorto, ieri ha detto: «Il vento sta cambiando». Il suo lavoro di costruzione del partito è tornato a riprendere dei punti fondamentali. Il volantinaggio ai cancelli della Fiat di ieri all'alba è un dato. Un punto di partenza. Che rischia di diventare anche un punto di arrivo.