Il Csm contro il premier "La democrazia è a rischio"

"Il Csm ha il dovere costituzionale di ristabilire pubblicamente la credibilità e la dignità della funzione giudiziaria, perché non è ammissibile una delegittimazione di una Istituzione nei confronti dell'altra". E' quanto sottolinea la Prima commissione del Consiglio superiore della magistratura, nella pratica a tutela di diversi magistrati dopo alcune accuse mosse dal premier Silvio Berlusconi.  Pratica approvata oggi all'unanimità dall'organismo di Palazzo dei Marescialli, che domani sarà discussa in plenum. "Per il Csm non può essere consentito che venga genericamente e indiscriminatamente gettato forte discredito sulla intera magistratura, o su una parte significativa di essa, mettendo a rischio l'equilibrio stesso tra poteri e ordini dello Stato sul quale è fondato l'ordinamento democratico di questo Paese". La pratica fa riferimento a diverse dichiarazioni rese da Berlusconi e riportate dalla stampa. Fra queste, quelle "in cui si definiscono atti di 'follia ed inutili sprechi finanziari delicate inchieste giudiziarie su stragi ed altri gravissimi reati che hanno ferito la Repubblica", le dichiarazioni rilasciate dal presidente del Consiglio contro le Procure di Palermo e di Milano e contro "i pubblici ministeri ed i giudici in genere". Fino alle dichiarazioni sui magistrati "peggio di Tartaglia" e a quelle rilasciate all'indomani  della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la quale è stata annullata senza rinvio la sentenza di condanna dell'avvocato Mills per intervenuta prescrizione del reato  di corruzione, quando Berlusconi disse: "Siamo in mano a una banda di talebani che perseguono fini eversivi.. in quel processo voglio l'assoluzione piena". Tutto questo considerato, il Csm rileva che "l'assunto di una magistratura requirente e giudicante che persegue finalità diverse da quelle sue proprie e, per di più, volte a sovvertire l'assetto istituzionale democraticamente voluto dai cittadini costituisce la più grave delle accuse ed integra, anche per il livello istituzionale da cui tali affermazioni provengono, una obiettiva e incisiva delegittimazione della funzione giudiziaria nel suo complesso e dei singoli magistrati. Esso, d'altronde, caratterizza tutte le dichiarazioni del premier sui magistrati all'esame della odierna pratica a tutela della giurisdizione e costituisce, oggettivamente, un gravissimo vulnus alla credibilità della giurisdizione proprio perché provenienti dal massimo rappresentante del potere esecutivo". "L'interpretazione in chiave politica delle condotte di magistrati, nell'esercizio delle loro funzioni, come manifestazione di una persistente e dolosa volontà persecutoria, costituisce elemento di discredito della funzione giurisdizionale nel suo complesso e di ogni singolo magistrato, soprattutto quando, come nel caso di specie, si asserisce in termini di assolutezza l'esistenza di una cospirazione posta in essere dalla magistratura nella sua maggioranza o da una parte di essa", rileva il Consiglio. "Tali condotte destano allarmata preoccupazione - affermano i consiglieri di Palazzo dei Marescialli - in considerazione  del fatto che possono produrre, oggettivamente, nell'opinione pubblica la convinzione che la magistratura non svolga la funzione di garanzia che le è propria, così determinando una grave lesione del prestigio e dell'indipendente esercizio della giurisdizione con il conseguente turbamento al regolare svolgimento e alla credibilità della funzione giudiziaria". "La stessa preoccupazione pare aver mosso anche il Presidente della Repubblica il quale, già nella seduta del Consiglio del 14 febbraio 2008, aveva dichiarato che 'chi svolge attività politica non solo ha il diritto di difendersi e di esigere garanzie quando sia chiamato personalmente in causa, ma non può rinunciare alla sua libertà di giudizio nei confronti di indirizzi e provvedimenti giudiziari. Ha però il dovere di non abbandonarsi a forme di contestazione sommaria e generalizzata dell'operato della magistratura'", ricorda la Prima commissione del  Csm. "Il Consiglio, nel condividere pienamente gli alti ed autorevoli moniti del capo dello Stato, per  parte sua e con il senso di responsabilità e misura auspicato dal suo Presidente, ha il dovere costituzionale di ristabilire pubblicamente la credibilità e la dignità della funzione giudiziaria", si legge ancora nella delibera della Commissione del Csm. I consiglieri dell'organo di autogoverno delle toghe aggiungono: "Affinché si affrontino serenamente le auspicate riforme in tema di giustizia è infatti necessario il rispetto tra gli organi istituzionali, che devono contribuire a garantire un clima sereno e costruttivo. Come è stato altre volte affermato dallo  stesso Consiglio, "è del tutto fisiologico che nella difesa della propria indipendenza e della propria autonomia la magistratura, quale istituzione di garanzia, possa venire a trovarsi in momenti di rapporto dialettico o addirittura conflittuale con altri poteri", ma tale rapporto deve rimanere nella misura di civiltà e rispetto, non essendo ammissibile una delegittimazione di una Istituzione nei confronti dell'altra, pena la caduta di credibilità dell'intero assetto costituzionale". "Il Consiglio ha più volte espresso il principio che gli atti e i provvedimenti dei magistrati possono essere discussi e criticati ma che non possono essere pretesto per dichiarazioni che delegittimano il singolo magistrato o l'intero ordine giudiziario", ricorda la Commissione, sottolineando come  sia "indispensabile che non si ripetano episodi di denigrazione e di condizionamento della magistratura e di singoli magistrati, del tutto inaccettabili, perché fortemente lesivi della stessa funzione giudiziaria". "Lo spirito di leale collaborazione istituzionale implica necessariamente che nessun organo istituzionale denigri liberamente altra funzione di rilevanza costituzionale, qual è nella specie la funzione giurisdizionale. I magistrati che sbagliano sono perseguiti rigorosamente da questo Consiglio, nei limiti delle proprie prerogative costituzionali, ma - proprio per dettato costituzionale - non può essere consentito che venga genericamente e indiscriminatamente gettato forte discredito sulla intera magistratura, o su una parte significativa  di essa, mettendo a rischio l'equilibrio stesso tra poteri e ordini dello Stato sul quale è fondato l'ordinamento democratico di questo Paese", rileva il Consiglio. "Pertanto il Consiglio, nel sottolineare la compostezza del corpo giudiziario in generale e dei singoli magistrati attinti dalle dichiarazioni del premier, che hanno continuato a svolgere in silenzio il proprio dovere senza replicare alle generiche ed ingiuste accuse e nel ribadire il proprio ruolo Istituzionale di tutela della giurisdizione, rivolge un pressante appello a tutte le Istituzioni perché, in attuazione dei principi esposti, sia ristabilito un clima di rispetto dei singoli magistrati e dell'intera magistratura, che è condizione imprescindibile di un'ordinata vita democratica", conclude la prima commissione.