La roulette russa delle liste elettorali

Inostri lettori ci chiedono: cosa sta succedendo? La risposta non è poi così difficile: accade che regole pensate per garantire il corretto funzionamento della democrazia dei partiti stiano triturando il sistema nel suo complesso. Da ragazzo leggevo con ammirazione la teoria del formalismo giuridico di Hans Kelsen, ma perfino allora, giovanissimo e inesperto delle cose della vita, mi chiedevo: tutto questo è sufficiente ad assicurare la giustizia? Siamo certi che alla democrazia basti il solo diritto positivo? O non si rischia piuttosto di produrre un moloch giuridico capace di giustificare, in nome del formalismo, anche l'errore e perfino l'orrore? Tranquilli, non sto sconfinando nella filosofia del diritto, sto solo cercando di mettere insieme i cocci del piatto della politica nostrana. La situazione è francamente kafkiana: in Lombardia il centrodestra non ha più né il candidato alla Presidenza, Roberto Formigoni, né le liste collegate. Tabula rasa. Nel Lazio il centrodestra è ridotto in Polverini. Renata è candidata, ma il motore del Pdl è rimasto in officina in attesa di miracolose riparazioni legali. Lombardia e Lazio sono, en passant, rispettivamente la prima e la seconda regione d'Italia per prodotto interno lordo. Milano è il centro finanziario del Paese, Roma il cuore pulsante del potere politico. Davvero si può pensare che il partito più votato d'Italia possa restare fuori dalla competizione elettorale in queste due regioni? Certo, ci sono le regole e vanno rispettate. Ci sono gli incapaci e vanno sanzionati. Ma accanto a tutte queste belle e valide ragioni c'è anche una cosa che si chiama democrazia. E questa non è facilmente riducibile a una firma in calce, un timbro, un logo, un pezzo di carta bollata. Non mi stancherò mai di ripetere che la democrazia non è solo forma, è soprattutto sostanza. Ci si può arrovellare quanto si vuole su questo punto, si possono invocare mille regole, articoli, commi, codicilli, ma il corpo elettorale non è un estraneo che si può ignorare in nome delle norma astratta. Qui è in gioco qualcosa di profondo e mi pare davvero bizzarro che non ci si sia ancora resi pienamente conto di quel che può accadere. Ho letto con grande attenzione le dichiarazioni di alcuni esponenti del centrodestra: sono frasi di gente navigata che sente il fiato sul collo del proprio elettorato. Arrabbiato. Deluso. É dai tempi di Tangentopoli che l'Italia è in perenne transizione, nel frattempo le inchieste sono riesplose, la grande mietitrice giudiziaria s'è rimessa in moto e qui, nei giornali, già sappiamo che il tappo del vulcano sta per saltare. Fidatevi, i cronisti hanno fiuto. É arrivato il momento di trovare una soluzione condivisa e di essere responsabili. Perché il voto è l'ultima cosa rimasta agli italiani. Mario Sechi