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Scalfaro nel '95 prorogò i termini per le liste

Renata Polverini

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Ormai è una questione di cavilli legislativi. Una roba da Azzeccagarbugli. Da giorni gli esperti di liste e listini sono al lavoro alla ricerca di un appiglio, di un precedente che possa salvare il salvabile. E forse qualcosa c'è. Non a caso, nelle ultime ore, in molti ripetono, quasi fosse una formula salvifica, un numero: 1995. Quindici anni fa, esattamente il 16 marzo. Oscar Luigi Scalfaro sedeva al Quirinale, Lamberto Dini a Palazzo Chigi. Le elezioni provinciali e comunali erano fissate per il 23 aprile, ma in molti erano in difficoltà nella presentazione delle liste. Così il governo, d'accordo con il Quirinale, decise di far slittare il termine di quattro giorni (dal 30° giorno antecedente il voto al 26°). E chi rischiava non potè far altro che ringraziare tanta maganinimità. In realtà c'è chi fa notare (su tutti il ministro dell'Interno Roberto Maroni) che in quell'occasione il decreto arrivò prima che i termini di legge scadessero. Oggi, al contrario, si tratterebbe di un intervento a posteriori e, quindi, difficile da realizzare. Ma su questo punto potrebbe arrivare in aiuto un altro precedente. L'anno è il 1994 e in bilico ci sono 13 referendum sostenuti dai Radicali. Il Capo dello Stato Scalfaro scioglie le Camere e indice le elezioni per il 27 marzo. A questo punto i quesiti rischiano di essere buttati a mare con tutte le firme raccolte. Marco Pannella inizia lo sciopero della fame e della sete. Il 17 gennaio il consiglio dei ministri, dopo una relazione del titolare dell'Interno Nicola Mancino, vara un decreto legge che proroga di 8 giorni il termine per la raccolta delle liste e di 7 quello previsto per l'invio delle firme alla Corte di Cassazione. Referendum salvati e Radicali contenti.

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