Soldi dagli usurai campani per pagare le "mazzette"

Soldi dagli usurai per pagare i funzionari statali che si occupano dei Grandi Eventi. E poi «piccoli» favori, da lavori gratis nelle abitazioni dei dirigenti pubblici, ad auto prestate» alle loro mogli e, persino, «regalini da pochi euro», come le schede telefoniche per i cellulari. Il tutto in cambio di una corsia preferenziale sull'aggiudicazione degli appalti alle loro imprese. Il caso più paradossale ha per protagonista Francesco De Vito Piscicelli, che nel Natale 2007, secondo gli inquirenti, paga ad alcuni dirigenti del Dipartimento per lo Sviluppo e la Competitività del Turismo (diretta diramazione di Palazzo Chigi) di via della Ferratella in Laterano 51 centomila euro. Denaro avuto, a tassi da strozzino, da «soggetti» di Giugliano, in Campania, uno dei quali individuato per Antonio Di Nardo.   È il 18 febbraio 2008. L'imprenditore Pierfrancesco Gagliardi chiama il cognato Piscicelli (sono i due che il 6 aprile 2009 ridono subito dopo il terremoto dell'Aquila pensando agli affari che potranno o potrebbero fare sulle macerie abruzzesi) per dirgli che l'appuntamento con Riccardo Fusi (presidente del CdA della «Baldassini Tognoli Pontello spa) è rinviato. Piscicelli è disperato. Fa capire che gli servono al più presto - scrivono i carabinieri nell'informativa - «almeno 100 mila euro, presi in prestito per l'altra operazione di Natale, e quindi non può assolutamente aspettare fino a mercoldì, perché deve inderogabilmente restituire quella somma, facendo riferimento a Rocco Lamino e/o a Antonio Di Nardo».   Piscicelli: «...nooo e noi moriamo fino a mercoledì...io fino a mercoledì sono morto!...200.000 euro...». Il 24 febbraio Piscicelli chiama Antonio Di Nardo e i due si danno appuntamento di fronte al Senato, vicino al ristorante «Al Cantuccio». Sono quasi le 15. Alle 17,12 una donna chiama Piscicelli, che non risponde. Ma in sottofondo (intercettazione ambientale) si sente lui che conversa con un uomo, «verosimilmente Di Nardo», il quale in dialetto campano dice: «...sono passati 90 giorni, mo' non vogliono sapere niente, ci devi portare i soldi». Il 26 Piscicelli chiama Gagliardi per dirgli che Di Nardo «in una settimana massimo» risolverà il problema. Passiamo al 22 marzo. Gagliardi chiede al cognato se può procurargli in tempi rapidi 400 mila euro, assicurando la restituzione in due settimane a un tasso di interesse del 10% quindicinale: «...senti tu ce l'hai qualcuno che può cacciare fuori della liquidità...tipo 400.000 euro per 15 giorni anche ben remunerati?...10% per 15 giorni...».. Lui spiega che potrebbe rivolgersi ad Antonio Di Nardo e Rocco ma che sono persone pericolose: «...si, ma son quella gente che è meglio che ci stai lontano...ma sai come Pierfrance'...andarsi ad impelagare in una situazione del genere...si, ho capito ma...se si sgarra è la fine...quello vanno trovando...». Piscicelli, rilevano gli investigatori, «parla per esperienza, facendo capire che a questi soggetti si è dovuto rivolgere nel periodo natalizio precedente per reperire la somma richiesta dai funzionari dell'ufficio ministeriale di via Ferratella diretto da Angelo Balducci», e gli hanno imposto un tasso di interesse, prima del 5%, e quindi del 10% mensile: «...eh, hai capito...io già l'altra volta dal 5 al mese...sono passati al 10...gli ho detto..."grazie mille"...che io risolsi quella cosa a Natale...no?». Gagliardi insiste e fa capire non ha alternative: «...si...però, cioè, c'è la disponibilità immediata?». Il cognato, allora, assicura che si informerà sulla disponibilità immediata della somma necessaria: «...l'altra volta mi è stato fatto...si può provare Pierfrance'...non lo so con questa cifra onestamente...'sta cifra non lo so...mi posso pure informare tanto...telefono e mi informo...». Gagliardi è davvero in difficoltà è accenna anche alla possibilità, qualora non riceva aiuto, di diventare una sorta di «pentito», coinvolgendo tutti: «...un incubo...è un disastro...un vero disastro...cioè io c'ho da pagare 400.000 euro...mo' sono stato dalle ore 10.00 alle ore 15.00 con Andrea Masi... Colombo, eccetera...ma lì...non si fa più niente, capito?...improrogabili proprio super improrogabili...cioè...l'alternativa è che poi ovviamente divento cattivo e allora ce n'è per tutti, no...però Masi e compagnia bella...scattano le manette...eh! si...eh si... faccio scoppiare un pandemonio però se nessuno mi aiuta...ho bisogno di una copertura...dopodichè mi tolgo...». Piscicelli cerca di tranquillizzare il cognato, sottolineando che chiamreà «quelli che si staranno ingozzando con i casatielli...e ruttando e scoreggiando intorno al tavolo» per incontrarli a Roma. Lo fa il 27 maggio. All'hotel Flora di via Veneto. Ma Piscicelli e Di Nardo non sanno che quel giorno nella strada della «dolce vita» ci sono pure i carabinieri del Ros.