Pdl, Berlusconi pronto al ribaltone

Le Regionali non saranno solo un test sulla forza del Pdl in alcune aree chiave del Paese ma saranno soprattutto il momento della verifica degli assetti interni al partito e dell'efficacia della struttura che si è data. Berlusconi è pronto a fara la pagella soprattutto se il risultato elettorale dovesse essere poco entusiasmante. Il premier, dopo essersi scontrato un paio di volte con alcuni esponenti del partito su alcune candidature, ha deciso la linea di lasciare la regia di questa tornata elettorale interamente nelle mani della nomenklatura del partito. Salvo poi, a urne chiuse, chieder conto dei risultati. Non è un caso che nella sua agenda, al momento ci sia solo l'intervento a una cena per il 10 febbraio a favore di Renata Polverini. Nessuna sortita invece a fianco di Rocco Palese, tormentata candidatura in Puglia. Come pure non è casuale che vada ripetendo spesso di volersi dedicare esclusivamente alle «cose di governo». Ma questo non vuol dire che non segua da vicino le vicende interne al Pdl che continua a considerare uno strumento smontabile se per caso non dovesse funzionare. E qualcosa in effetti nel partito sta cambiando e non nella direzione che il premier si era prefissata. Ancora non si può parlare di correnti ma gruppi di potere si stanno coagulando e stanno condizionando le scelte del Pdl. Alessandro Campi, direttore di FareFuturo, la Fondazione di Fini, ha osservato che «si è creato una specie di correntone attorno a La Russa e Gasparri e si stanno rafforzando delle componenti di provenienza An ma non finiane». E di queste componenti, sostiene Campi, «gli ex forzisti hanno più paura». Questo deriva dal fatto che la componente forzista ha una «strutturale debolezza territoriale». E gli equilibri di forza tra ex An e ex FI si stanno giocando sulle Regioni. Di qui la scelta di candidati anche deboli ma che possano rafforzare questa o quella componente. Nel «correntone» di Gasparri e La Russa sarebbero confluiti ex socialisti e ex Dc; quindi da Sacconi a Fitto. A questa logica si oppone Sandro Bondi, che più di una volta ha polemizzato contro le nomenklature. Attorno al ministro dei beni Culturali si sono ritrovati oltre a Giro, il ministro Gelmini, Quagliariello, Stracquadanio e Valducci. C'è poi il nucleo che fa capo a Bocchino che riunisce i finiani. Questa nomenklatura, stando agli scenari delineati da alcune fonti del partito, si starebbero spartendo il territorio. Così La Russa sta tentando un asse con Formigoni in Lombardia, Bocchino ha messo fuori gioco Cosentino in Campania, Sacconi in Veneto fa squadra con gli ex socialisti e gli ex An, Fitto con Palese controlla la Puglia, Gasparri è dominus in Calabria. Ma fino a che punto questa strategia è vincente lo dirà l'esito elettorale. Quagliariello richiama all'ortodossia berlusconiana: «L'unica ricetta possibile - dice - è di dar vita a una classe dirigente politica coesa. Se prendessero il sopravvento i particolarismi degli ex An ci divideremmo in tante piccole scialuppe». Dopo le Regionali potrebbe esserci la verifica interna e non sono esclusi ribaltoni. Se Bondi dovesse lasciare il ministero al quale tiene molto, il sacrificio verrebbe ricompensato con la nomina a coordinatore unico del Pdl. Accanto a lui un vice, che non sarebbe La Russa (scattando l'incompatibilità con l'incarico di governo, opterebbe per il ministero) ma il finiano Italo Bocchino. Per Verdini un ruolo nell'organizzazione del partito. Sarebbe quindi ridiscusso il meccanismo delle quote in modo più paritario tra ex An e ex FI. Soprattutto verrebbe data più sostanza ai Dipartimenti che finora non hanno prodotto nessun documento. La cartina tornasole che qualcosa nel partito si è inceppato è nell'andamento del tesseramento, finora deludente. Ieri in una colazione il vicepresidente della Camera Lupi ha incontrato La Russa e Fontana e avrebbero fatto il punto proprio sul tesseramento e sui problemi interni al partito. Dandosi appuntamento al dopo-Regionali.