Il premier attacca l'Udc "Una linea inaccettabile"

{{IMG_SX}}Due ore di faccia a faccia. Un menù speciale per il premier, a causa dei postumi dell’aggressione. E sul tavolo una serie di dossier da trattare. Berlusconi e Fini si vedono a pranzo e tentano di superare le incomprensioni. Per lo meno questo è l’obiettivo. E, in un certo senso, ci riescono, firmano addirittura un accordo per «una maggiore concertazione». Certo, restano le differenze di carattere e «di ruolo». Ma i due cofondatori del Pdl si ritrovano a chiacchierare l’uno di fronte all’altro. Il premier arriva al pranzo furioso con l’Udc, stanco della «politica dei due forni». Comincia qui la mediazione di Fini. Ma intanto l’intesa elettorale con i centristi per sostenere la Polverini non corre rischi. Ci sono i problemi di maggioranza e di governo, c’è la giustizia, ci sono gli equilibri del partito, ci sono le regionali. E proprio su queste ultime, si è giocata gran parte del vis a vis tra i due. Con Berlusconi "arrabbiato" con l’Udc e «la politica dei due forni» e Fini intento a far mandare giù al premier il rapporto con Casini perché alle Regionali questo rapporto serve. Quando Berlusconi arriva al piano nobile di Montecitorio sono quasi le due. Con lui c’è il sottosegretario Gianni Letta (seduto a capotavola). Ci sono anche Ignazio La Russa e Italo Bocchino (finiano doc). Uova strapazzate e verdure per il premier (seduto di fronte a Gianfranco), ravioli al bacon e filetto per gli altri commensali. «Ora quelli mi hanno stufato, pensano di allearsi con noi solo dove si vince? Allora basta, basta intese con loro». Comincia così lo sfogo del premier sui centristi. Anche se, come spiegheranno poi dalla maggioranza, lo sfogo guarda comunque avanti, e quindi non comprende le alleanze già siglate. «Un terzo dei loro elettori non andranno mai a sinistra, un terzo mai a destra, e un terzo resta indeciso», osserva il Cavaliere. «Hai ragione se contesti l’attacco dell’Udc al bipolarismo, ma sbaglieresti a mettere in discussione le alleanze per le regionali», ribatte Fini. Tradotto: mentre il premier sembrerebbe pronto a giocare anche una scommessa solitaria, il leader della destra è molto più cauto: senza i centristi, la maggioranza rischierebbe ovunque (salvo Lombardia e Veneto) e dunque è meglio stare con i piedi per terra. E comunque, precisa Italo Bocchino, non sono in discussione gli accordi già sottoscritti in Lazio a Calabria. E così si va avanti in un incontro dai tratti tutt’altro che semplici. Si parla delle incomprensioni tra i due leader del Pdl, con Fini che ancora una volta ha tirato fuori tutto il suo malessere («Sei proprio sicuro che, se vittima del "fuoco amico" fosse stato Bossi, saresti rimasto in silenzio mille volte come hai fatto con me?»), ribadendo di «non lavorare per te ma con te». Mi ritieni marginale, avrebbe detto Fini, ma io in Parlamento ci sto da molto più tempo di te e ci starò ancora dopo. Parole chiare che danno il senso di un incontro che a molti appare più che come un faccia a faccia chiarificatore, una sorta di tregua armata. Berlusconi ha assicurato alla terza carica dello Stato di «non aver mai voluto mettere in discussione il suo ruolo». Alla fine del pranzo, si è convenuto (come del resto si era fatto molte altre volte, senza seguito) di mettere in calendario incontri anche settimanali tra Berlusconi e Fini, per favorire la concertazione anche sulle scelte di governo. E di dare un maggior ruolo all’ex leader di An, coinvolgendolo nelle riunioni di vertice del Pdl con coordinatori e capigruppo. Anche sul capitolo giustizia, restano parecchie divergenze. Fini è stato chiaro: «Hai ragione, sei vittima di una persecuzione alla quale devi assolutamente essere sottratto. Ma non è detto che il modo giusto per farlo sia che tu tiri fuori un provvedimento a settimana». Si andrà avanti con legittimo impedimento e processo breve, «perchè bisogna intervenire». Ma Berlusconi dovrà evitare scartamenti di lato. Alla fine del pranzo, rientrato a Palazzo Grazioli Berlusconi si è lasciato andare a qualche considerazione con alcuni fedelissimi. Partendo dalla sensazione che ormai il rapporto con Fini sia definitivamente cambiato. Il premier non avrebbe del tutto digerito gli innumerevoli rilievi mossi dal presidente della Camera. A chi tentava di saperne di più, ha replicato in modo secco: «Lasciamo perdere...».