Feltri spara contro la Polverini Una strategia per demolire Fini

Ilgiorno dopo, sempre ad esempio, qualche giornale della destra dura-e-bruta scriverebbe che quel giornalista lavora per il re di Prussia, anzi di Russia perché sarà certamente un criptocomunista che se la intende col nemico, una pericolosa cisti ideologica da asportare perché divide, spacca, inquina, frammenta. Un traditore. Allora, ai medesimi indignati pronti alla bisogna a ricordare che il centrodestra non ha bisogno di sabotatori di professione, chiederei di commentare l'ultima sparata di Vittorio Feltri: «Votare Renata Polverini se fossi un cittadino del Lazio? Non se ne parla nemmeno». Questa cose'è, invece, una legittima opinione? Certo che lo é, se non fosse che proviene dal direttore di un quotidiano che ha fatto del berlusconismo più vorace la sua carta d'identità, il medesimo quotidiano da mesi impegnato nel pervicace e mal riuscito tentativo di demolire l'immagine e il profilo del presidente della Camera e di tutti coloro che, per le strade più diverse, simpatizzano per lui. Evidentemente è questa la ragione non dichiarata per cui Feltri ce l'ha con la Polverini. Se vince la Renata, è il ragionamento, Fini si rafforza, e non è permesso. Aggiungiamoci che l'essere sindacalista, per certa destra, è peggio che avere il colera. Strani corsi e ricorsi storici: la storia politica italiana é cambiata quando Silvio Berlusconi, nel 1993, ha detto che avrebbe votato Gianfranco Fini nella corsa al Comune di Roma. Sedici anni e passa dopo, un altro lombardo fa un outing di senso inverso. Ci può stare, certo, anche perché l'uscita feltriana, seguita a un paio di ritratti offensivi della Polverini pubblicati sul Giornale, non sposterà un voto, ma pare comunque un'uscita politicamente sgraziata, e spiego perché ripetendo argomenti talmente evidenti da essere banali. Renata Polverini è il candidato più forte che il Popolo della Libertà poteva schierare per conquistare la Regione Lazio. Ha un profilo oggettivamente seduttivo. Parliamo di una donna, anzi una self-made woman che viene dalla militanza sindacale, il che non guasta nel profilo complessivo del centrodestra. Ha preso l'Ugl e l'ha portata nel novero dei sindacati che contano, gode di buona stampa e buona opinione pressoché ovunque, tanto che sarà difficile leggere articoli velenosi contro di lei (a parte quelli del Giornale). Conosce il Lazio paese per paese e non dalle guide turistiche. Ha presentato una strategia politica che parla di cose, come si dice, concrete: efficientare la sanità, risolvere il dramma dei pendolari, affrontare il nodo dei rifiuti, offrire un profilo dignitoso del governo regionale laziale dopo i noti scandali sessuali. Piace a tutta la destra, Storace compreso, e ai cattolici. E piace anche a tante donne di sinistra, pesca in un bacino che va oltre i tradizionali confini del centrodestra: ma questo cos'è, un male? Ma per cortesia.