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Berlusconi perdona Tartaglia Ma c'è chi vuole colpirlo ancora

Il premier Berlusconi subito dopo l'aggressione in piazza Duomo

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Parole incomprensibili. Pronunciate davanti a centinaia di persone. E questo mentre da più parti, destra e sinistra, arriva la condanna piena all'aggressione a Silvio Berlusconi, mentre il premier dichiara di «aver perdonato» Massimo Tartaglia, ecco l'ennesima provocazione choc del deputato Idv Francesco Barbato: «Per ogni operaio Fiat licenziato la tiro io la statuetta in faccia a Berlusconi».   Stavolta la provocazione del deputato Idv suona più come una cosa di cattivo gusto, come l'ennesimo gesto scenico di un parlamentare, Francesco Barbato, ancora sul piede di guerra verso il governo. «Per ogni operaio della Fiat buttato fuori, la tiro io in faccia la statuetta a Berlusconi». Parole chiare, nette. Dichiarazioni che stonano con il coro di condanna al gesto di Tartaglia. Nel Pd si crea subito imbarazzo, pur essendo abituati alle sortite di Barbato. Persino Antonio Di Pietro prende le distanze, dicendo «Barbato si scusi». Nel Pdl, la condanna è unanime. Barbato si è precipitato subito a correggere il tiro e in una nota ha spiegato di essere stato frainteso: «Ai lavoratori della Fiat in piazza ho detto che per ogni lavoratore licenziato criticherò duramente in Aula Berlusconi ed il governo e proseguirò nelle sede istituzionali e nelle piazze questa battaglia per la difesa del lavoro». Ma ormai la frittata era fatta e il ministro Ignazio La Russa è intervenuto definendo «pietosa» la «marcia indietro di Barbato che prima lancia il sasso (o la statuetta?) e poi nasconde la mano». Quindi l'invito a tacere «per un po', almeno per Natale». Le parole del parlamentare Idv arrivano proprio nel giorno in cui Berlusconi, parlando a più riprese con i suoi, dice sì di aver «perdonato l'aggressore» ma sottolinea la gravità del gesto. «Avrei potuto perdere un occhio o anche peggio». Berlusconi, chiUso tra le mura di Arcore, ha davanti il rapporto della Digos: legge e rilegge quelle pagine su Tartaglia, sugli oggetti ritrovati nella sua macchina, tanto che sin dall'inizio il ministro dell'Interno ha parlato di un gesto premeditato.   «Mi poteva ammazzare», ripete il premier ai suoi. Ecco perché, in una conference call con i tre coordinatori del partito (l'occasione è il rituale scambio di auguri natalizi in via dell'Umiltà) il capo del governo sottolinea l'importanza che il gesto di Tartaglia non venga sottovalutato: non deve passare il messaggio che si può andare in giro e colpire liberamente il presidente del Consiglio che rappresenta un'istituzione; il rischio è che altrimenti parta un tiro al bersaglio. Erano circa le 19 quando arriva la telefonata. Nella sala grande del partito c'erano tutti i dipendenti pidielle, il triumvirato di guida (Verdini, La Russa e Bondi), il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, alcuni responsabili di settore (tra loro Maurizio Lupi, Gregorio Fontana, Mario Valducci e Ignazio Abrignani). Berlusconi parla dell'aggressione come di «un gesto frutto del clima d'odio» di queste ultime settimane. «Io l'ho già perdonato, non porto rancore. Ma un segnale va dato: la magistratura non lasci passare il messaggio che si può colpire liberamente il premier». Stando a quanto avrebbe raccontato il premier ad alcuni fedelissimi, il segnale più giusto sarebbe quello di tenere dentro più possibile Tartaglia. La voce del premier non è ancora la stessa. Racconta chi era presente alla telefonata che ancora trasopare la sua sofferenza. Alla domanda dei coordinatori di quali siano le sue condizioni il premier spiega di avere ancora «qualche problema al labbro mi da fastidio, devo aspettare che si cicatrizzi la ferita, ma - aggiunge - mi sento fortunato». Detto ciò, proprio quel gesto, sembra aver riportato lui e il Pdl sulla cresta dell'onda. Almeno stando ai sondaggi che cita: ho un gradimento personale che va oltre il 65% e il partito sfiora il 40%. Intanto, il perdono è accolto con sollievo dal padre di Tartaglia: «Sono grato al premier».  

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