La flessibilità è parte integrante del mondo moderno

Inverità, nel pensiero del ministro dell'Economia non c'è nessuna clamorosa svolta, ma una coerente continuità. Tremonti, infatti, ha tessuto lo stesso filo che, dapprima, lo trasformò nel teorico del neo colbertismo, poi nell'esponente più critico di una globalizzazione dell'economia troppo affrettata e priva delle necessarie salvaguardie. Insomma, nel pensiero del superministro tutto si tiene. Se il mondo sviluppato avesse preso tempo nell'aprire i mercati alla concorrenza dei paesi emergenti, la vecchia Europa sarebbe stata in grado di meglio difendere le proprie rendite di posizione e, in tale contesto, mantenere quelle certezze che ne caratterizzavano il modello sociale, tra cui e prima di tutto il posto fisso. Nello stesso tempo, le imprese non avrebbero dovuto preoccuparsi della concorrenza cinese. In sostanza, un piccolo mondo antico non messo in discussione e non condannato alla rincorsa frenetica della competizione internazionale. Affermare oggi che il posto fisso rappresenta una condizione di vita migliore per i giovani è quasi un eufemismo. Il problema è un altro. Sarebbe mai possibile riavvolgere indietro la moviola della storia e ritornare ad una società strangolata dalle garanzie e dall'inefficienza, rinchiusa in ambiti ristretti sostanzialmente corporativi? E se anche questo miracolo potesse riuscire, sarebbe migliore un mondo siffatto, quello che ci siamo lasciati alle spalle? La globalizzazione, pur con tutti i suoi aspetti critici, ha allargato le prospettive di sviluppo per miliardi di persone che, per la prima volta nella storia, possono intravedere una migliore prospettiva di vita e, nello stesso tempo, ha reso loro giustizia, perché del sottosviluppo di cui hanno sofferto per secoli non è estraneo il colonialismo di stampo europeo. Il vecchio continente è stato protagonista della rivoluzione industriale ed ha potuto avvalersi di un pesante modello di stato sociale, grazie al drenaggio di risorse appartenenti alle popolazioni del resto del mondo. Il discorso poi non si ferma qui. Proprio perché allarga i mercati e mette in condizione di consumare prodotti più qualificati miliardi di persone fino ad oggi sopravvissute ai livelli minimi la globalizzazione è un'opportunità per i paesi sviluppati. Non è un caso che la ripresa, dopo la grave crisi a cavallo tra la fine del 2008 e l'inizio dell'anno in corso, sia partita dall'Asia e dalla Cina (sì, proprio la Cina che invita Tremonti a tenere conferenze e che è il principale partner degli Usa). La flessibilità del lavoro è parte integrante di questo progetto. Certo, flessibilità non significa precarietà. Il Ministro Sacconi ha impostato molto del suo programma su nuove forme di tutela incentrate sulla difesa del lavoro e non su quella del posto. È nella flexecurity la nuova frontiera assicurando un reddito a chi perde il lavoro, ma soprattutto a fare in modo che sia messo in condizione di trovarne un altro. Insomma tra Tremonti e Marcegaglia meglio Sacconi.