Lettera minatoria contro Berlusconi, Fini, Bossi

  Ultimatum a Berlusconi delle Brigate rivoluzionarie per il comunismo combattente. Ultimatum scaduto alla mezzanotte di venerdì fatta recapitare a Il Riformistagli emuli dei terroristi rossi. Una stella a cinque punte a marchiare e dare forza a una serie di farneticazioni che coinvolgono oltre che il premier anche Bossi e Fini. Le Brigate comuniste hanno dato le 23,59 di venerdì come scadenza entro cui Berlusconi, Fini e Bossi avrebbero dovuto abbandonare l'attività politica, intimando poi al premier di consegnarsi «alla giustizia comune» perché altrimenti «in quella comunista la sentenza sarà inevitabile». Nella missiva Bossi viene definito «capo delle nuove camicie nere» e si annuncia in caso di mancate dimissioni «un nuovo 8 settembre». Tuttavia i mittenti assicurano che non intendono ricorrere «a bombe o coinvolgere innocenti», ma che sono pronti a «una vera e propria rivoluzione armata come a Cuba». La lettera risulta essere stata spedita da Milano l'8 ottobre, dopo la bocciatura da parte della Consulta del cosiddetto Lodo Alfano sulla sospensione dei processi alle quattro più alte cariche dello Stato, ma è stata aperta solo ieri mattina. Una sigla quella delle Brigate rivoluzionarie che era già apparsa in un'altra lettera ricevuta all'inizio del mese da diversi giornali tra i quali Il Foglio. Il testo e la firma in calce non fanno pensare a un gruppo strutturato. Ma le minacce e la scelta di simboli come la stella a cinque punte, paternità delle Brigate Rosse, e termini come «sentenza inevitabile» riconducono a momenti storici dove al linciaggio delle parole purtroppo seguiva quello delle pallottole. Gli investigatori non danno troppo credito a questa specifica minaccia ma non sottovalutano l'humus nel quale può essere stata generata. Il clima arroventato di questi mesi, la crisi economica hanno fatto salire la tensione sociale alle stelle. I partiti e i sindacati non sono più in grado di gestire la protesta e sempre più spesso questa si radicalizza in forme di «illegalità diffusa». I sensori di questo malcontento sono l'aumento di scritte spray sui muri delle città dove compaiono slogan e sigle degli Anni di piombo. I gruppi dell'area «antagonista» quella che si coagula intorno ai Centri sociali e alle occupazioni tenta di intercettare e strumentalizzare le «situazioni di malcontento sociale al fine di radicalizzare la protesta», come sostengono i nostri servizi segreti. In questo ambito si inseriscono i gruppi anarchici che hanno scelto di cavalcare le battaglie contro le carceri e contro le nostre truppe in Afghanistan. L'arresto nei giorni scorsi di un altro esponente delle nuove Brigate Rosse fa intendere che la guerdia, nei confronti del terrorismo interno, non può essere abbassata. Quello che viene però sottolineato dagli investigatori è che il rischio maggiore è la personalizzazione della minaccia. Silvio Berlusconi è nel mirino non solo perchè presidente del Consiglio ma per il «fatto stesso che esiste». Così si teme il «lupo solitario». Un individuo che si fomenta delle polemiche altrui fino al punto di trasformarsi in «giustiziere» per eliminare il male incarnato in questo caso proprio dal Cavaliere. Ovvero che intende colpire il personaggio famoso così come è avvenuto con John Lennon. Le minacce via mail, le proteste isolate durante le apparizioni di Berlusconi sono altrettanti segnali di un pericolo latente. I gruppi su social network che propugnano «sentenze» di morte come un gioco di società. Gli insulti in Parlamento e le minacce sui giornali possono armare anche la mano di uno squilibrato che si aggiungerebbe a chi non ha abbandonato l'utopia della lotta armata illuminati dalla stella a cinque punte.