I cani sciolti possono essere anche più pericolosi

Terrorismo fai da te. Questo è quello che parrebbe e a prima vista, dopo una superficiale analisi degli eventi di Milano.  Quello che pare evidente è che comunque nel nostro Paese, in alcune minuscole realtà del mondo islamico, vi sia un forte malessere nei confronti dell'Italia. Tornando all'attentato di l'altro ieri, malgrado il numero delle persone coinvolte sia aumentato dall'attentatore a due suoi fiancheggiatori, non pare che l'attentato cambi la sostanza dell'evento. Quello che distingue una cellula integrata in un panorama jihadista da un gruppo di pseudo-terroristi “fatti in casa” non è certo la mera capacità offensiva. Anche Tim McVeigh, pur operando da solo, fece ad Oklahoma City centinaia di morti. I terroristi stand-alone sono quindi certamente assai pericolosi, ma non rappresentano il core, l'essenza, del problema. Quello che distingue l'organizzazione da un gruppo isolato di soggetti è la capacità della prima di avviare un complesso e costruttivo dialogo politico con altre realtà similari. In parole chiare se vuoi fare parte di un movimento radicale hai necessità di accreditarti e di accreditare. Questo significa che le diverse cellule, pur essendo essenzialmente indipendenti, vivono comunque non per colpire obiettivi civili o militari, ma, piuttosto, per divenire parte integrata e riconosciuta di un mosaico salafita. Al fine di realizzare questa progettualità le diverse entità hanno la necessità di comunicare tra di loro. Internet, cellulari, lettere, sono solo strumenti, il fine è la costruzione di una solida alleanza transnazionale. La comunicazione è il loro punto debole, chiunque voglia portare all'esterno di una realtà chiusa le proprie idee trasforma la propria organizzazione, magari non volutamente, in una realtà porosa e vulnerabile alla penetrazione da parte degli organi di intelligence e di polizia. I tre soggetti implicati nell'attentato di Milano parrebbero più ascrivibili a uno scenario di terrorismo auto referenziato, non integrato in solide realtà, comunque presenti sul nostro territorio, ma piuttosto in una sorta di spontaneismo armato che spesso ha nella frustrazione e nella difficoltà, o impossibilità, all'integrazione, il detonatore delle proprie azioni.   Per questo, senza volere fare i «santini» di nessuno, rileviamo come nell'arco di pochissime ore le forze dell'ordine abbiano individuato i complici. Questo è stato realizzato perché finalmente in Italia, cosa peraltro non ancora realizzata in molti altri paesi europei, la cooperazione anti-terrorismo tra tutti i soggetti interessati, servizi di intelligence, strutture di sicurezza e forze di polizia, funziona. Funziona davvero. L'information sharing e le piattaforme di dialogo comuni hanno permesso di poter continuare ad avere quel quadro sostanzialmente chiaro della minaccia salafita in Italia. Ma ricordiamoci. Un po' di fortuna non guasta mai.