Sos amianto

dall'inviatoFabio Perugia TAORMINA L'amianto non dà tregua. È un killer silenzioso, quasi impercettibile, che continua a seminare vittime. Se ne contano centomila ogni anno, in tutto il mondo. E in Italia toglie per sempre il respiro a quattromila persona ogni dodici mesi. Quando il governo firmò la sua dichiarazione di guerra, bandendolo, era il 1992. Ma fino ad allora centinaia e centinaia di edifici erano stati già costruiti con la sua miscela: l'Eternit. E le sue polveri, disperse in ogni regione della Penisola, hanno così attaccato un numero ancora incolcolabile di cittadini. Molti, ad esempio i lavoratori dei cantieri edili, probabilmente non sanno ancora che quelle polveri potranno provacargli l'asbestosi, nonché i tumori della pleura, ovvero il mesotelioma. La malattia si presenta anche quarant'anni dopo il contatto col materiale. È per questo che l'Istituto superiore per la prevenzione e sicurezza del lavoro (Ispesl), s'impegna costantemente per limitare i danni. E dalla conferenza mondiale sull'amianto di Taormina, chiede al governo i fondi per bonificare tutti i siti ancora a rischio. Il primo passo è stato fatto dalla ricercatrice Federica Paglietti, organizzatrice del meeting siciliano. Ha chiesto a tutte le regioni una mappatura della presenza di amianto sul territorio e degli interventi di bonifica urgente. A tal scopo il ministero dell'Ambiente ha stanziato quasi nove milioni di euro. Il risultato, a cinque anni dall'inizio delle ricerche, è che in Italia ci sono 27.680 impianti industriali, edifici o discariche abusive da bonificare. Ma non tutte le Regioni hanno adempito agli obblighi. Non hanno comunicato i dati sui siti contaminati da amianto la Sicilia, la Calabria, la Valle D'Aosta e il Trentino. Quello del Lazio è un caso a parte. Fino a sei mesi fa anche la regione di Piero Marrazzo era in difetto. Nessun dato comunicato all'Ispesl, nonostante i ripetuti solleciti e i 270 mila euro incassati per le verifiche. Finchè è dovuta intervenire la professoressa Paglietti in persona con una «tirara d'orecchie». I dati ora forniti sono parziali, ma comunque rilevanti. Nel Lazio ci sono 803 edifici con presenza di amianto. E sono tutti pubblici. Mancano all'appello le costruzioni dei privati, ma dovrebbero essere circa il triplo secondo le stime. È curioso, inoltre, che tra i siti con presenza di amianto ci sia anche la Riserva naturale di Monte Rufeno, nel comune di Acquapendente, in provincia di Viterbo. Ad allarmare i ricercatori è sì il presente, ma soprattutto il futuro. «Il Lazio non è la regione più colpita se messa a confronto con il Piemonte o la Lombardia - spiega Alessandro Marinaccio, responsabile del registro nazionale dei mesoteliomi dell'Ispesl -, anche se conta tra i 50 e gli 80 morti l'anno per mesotelioma. Purtroppo sarà un altro dato a riempire le cronache dei giornali. Mi preoccupa per i prossimi anni il grande numero di malati che si manifesteranno nel campo dell'edilizia. Nel Lazio ci sono ancora oggi ingenti esposizioni all'amianto, in questo territorio si è costruito tantissimo con quel materiale, a confronto col resto del territorio italiano. Del resto, il 70 per cento delle esposizioni viene dal mondo del lavoro. Il restante è di origine ambientale o perché si è venuti a contatto con persone che lo hanno maneggiato». Secondo Marinaccio il problema potrebbe investire il campo della sanità nei prossimi anni. Nel resto della Penisola dati preoccupanti arrivano dalle Marche, con 14.679 siti contaminati da bonificare. Dall'Abruzzo, con 2.311 zone a rischio, o dalla Sardegna che ne conta 1.509. Fermo restando che la mappatura non è commpleta. E i numeri sono in continua crescita. Per bonificare il palazzo di cinque piani della Provincia di Ancona ci sono voluti trenta milioni di euro e quattordici mesi di duro lavoro. La battaglia per mettere in sicurezza la salute di miagliaia di italiani è appena iniziata.