Doppio attacco ai Lince Arrivano le prime conferme

Isaf vuole vederci chiaro sull'attentato che è costato la vita ai sei parà italiani. La tecnica usata potrebbe far cambiare strategia operativa durante gli spostamenti in città delle forze Nato. Il dubbio infatti è che oltre all'autobomba ci sia stata anche un'imboscata di cecchini talebani nascosti lungo la strada. A questo e ad altro dovranno rispondere gli investigatori della Nato e quelli dei carabinieri inviati dalla procura di Roma. Tra indiscrezioni e silenzi, dichiarazioni e smentite, a quattro giorni dall'attentato «l'unica cosa certa - come sintetizza efficacemente il colonnello Aldo Zizzo, comandante del contingente italiano a Kabul - è che una macchina si è fatta esplodere al passaggio del nostro mezzo». E che i sei militari italiani, come ha stabilito l'autopsia fatta ieri all'Istituto di medicina legale di Roma, sono morti per «trauma da esplosione». Le modalità dell'attentato e ciò che è accaduto subito dopo resta, ufficialmente, ancora avvolto nelle nebbie. Sicuramente dopo l'esplosione ci sono stati degli spari. In una delle informative arrivate alla procura di Roma che indaga sulla strage si legge di un conflitto a fuoco, della durata di «circa un minuto», nel quale sono stati coinvolti i quattro militari a bordo del secondo mezzo subito dopo l'esplosione dell'autobomba. Versione riferita anche dalla moglie di uno dei paracadutisti sopravvissuti: «ci hanno sparato, abbiamo risposto». Tutti e quattro i superstiti, dalla notte scorsa ricoverati al Celio, saranno interrogati nei prossimi giorni. A conferma e allo stesso tempo in contrasto con questa versione dei fatti il racconto di Mahmud, 34 anni, proprietario di un negozietto sulla strada della strage. Lui è un testimone oculare e sostiene che i militari italiani hanno solo sparato in aria per allontanare la gente. Racconta: «La vita scorreva come tutti i giorni poi d'un tratto lo scoppio, i vetri e i mattoni che venivano giù, la gente che gridava. Non ce l'ho fatta ad uscire subito, c'era tanto fumo, ma, nonostante l'attentato, tanta gente si era radunata attorno ai veicoli militari. È stato allora che le forze dell'Isaf hanno sparato ma per costringere la gente ad andarsene». Le indagini vengono condotte sul posto da una task force di carabinieri del Ros e il colonnello Zizzo, comandante di Italfor, non si sbilancia. La sua è una semplice constatazione: «Se ci fosse stato uno scontro a fuoco dopo l'esplosione dell'autobomba si tratterebbe di un attacco complesso in pieno centro di Kabul e sarebbe la prima volta che succede». Secondo alcune fonti «anonime» di Isaf i colpi potrebbero essere stati esplosi dalle forze di sicurezza afghane che normalmente sostano nella Rotonda Massud poco distante dal luogo dell'attentato. I militari afgani sarebbero arrivati di corsa aprendo il fuoco. Un'escalation che non meraviglia chi in Afghanistan c'è stato. Il generale Mauro Del Vecchio, comandante di Isaf dall'agosto 2005 al maggio 2006, oggi in Parlamento nel gruppo del Pd, spiega: «C'è stato un innalzamento della capacità operativa dei talebani. In questo momento sembra difficile da contrastare. Non si possono dare risposte a caldo ma valutare la situazione e condividere con l'Onu e la Nato, una nuova strategia di intervento per il controllo del territorio. Bisogna restare, questo senza dubbio, per rispetto a questi caduti così che tutta la forza armata senta la vicinanza della comunità nazionale».