Fini, ma il Pdl cosa ti ha fatto?

Nonsolo, devono anche apparire tali. Tutti i gruppi sono uguali. Di più: tutti i singoli parlamentari sono pari. Un concetto condiviso all'attuale presidente della Camera, il quale ebbe a dire nel suo discorso di insediamento pronunciato il 29 aprile 2008: «Ho ben chiaro che il primo dovere dell'alta carica istituzionale cui mi avete chiamato è quello del rigoroso rispetto del principio di assoluta parità di diritti tra tutti i deputati». Non tutti i presidenti della Camera hanno rispettato questo concetto, sostenendo le tesi di una parte: quella dalla quale provenivano. Gianfranco Fini, parlamentare da oltre un quarto di secolo, no. Sa scegliere modi e soprattutto tempi delle sue uscite con singolare precisione. Ebbene, questo impressionante tempismo sta dando la sensazione che egli più che appoggiare una parte, vada contro un partito. Il suo. Appena due giorni fa, dopo quattro mesi di fango su Berlusocni (a cui pure Fini aveva espresso solidarietà a giugno) e nel momento in cui il premier passa all'attacco, il principale inquilino di Montecitorio ha chiesto di fermare il killeraggio. Molti nel Pdl si sono chiesti: ma perché non l'ha detto prima? Andando a ritroso Fini, spogliandosi del ruolo che gli imporrebbe di non intervenire su un testo all'attenzione della Camera, si è espresso contro una legge sul biotestamento appena votato dal Senato. Inutile dire che si tratta di un provvedimento fortemente voluto da un partito. Il Pdl. Pochi giorni prima aveva invitato un partito, il Pdl, a non seguire la Lega sull'immigrazione. E sul decreto anticrisi aveva espunto parti fatte inserire da un partito, il Pdl. E su una riforma tanto cara al Pdl, quella sulle interettazioni, aveva imposto il suo altolà. E indietro così sino all'inizio della legislatura. Una sequela che a tratti assomiglia a un autentico accanimento. Che non potrà sfuggire al Quirinale, sempre solerte nel cogliere eventuali diseguaglianze e che certamente interverrebbe nel caso di disparità manifeste. Disparità che potrebbe favorire un partito, il Pd, alla cui festa proprio Fini è stato celebrato. Quel che si nota inequivocabilmente è comunque una sintonia di toni e parole tra Quirinale e Montecitorio che spesso va oltre le comprensibili assonanze di carattere istituzionale. Senza malizia, il tutto ci fa tornare la mente ad alcuni anni fa, quando un segretario del Msi si mostrava assai ben informato sul pensiero quirinalizio, gettando scompiglio nel mondo politico.