Urso: energia meno cara per consolidare la crescita

«Non è certo necessario uno sforzo finanziario come quello che serve per rilanciare il Mezzogiorno. Ma anche alle regioni dell'Italia centrale servono infrastrutture. In particolare quelle dedicate a consolidare la crescita che sono riuscite a conseguire in questi anni» spiega a Il Tempo, Adolfo Urso, viceministro dello Sviluppo Economico con delega al commercio estero. Anche Lazio e Abruzzo, tra le altre, sono dunque legittimate a chiedere interventi? «Le loro economie si sono mosse con buoni tassi di crescita in questi ultimi anni. Oggi sono in una situazione meno svantaggiata rispetto al passato. Hanno bisogno di interventi per aumentare la competitività come un costo dell'energia più basso». Per mettere a regime nuovi impianti per produrre elettricità ci vorrà del tempo. E non si può più aspettare? «Nell'attesa una delle possibili risposte sarà il completamento del cavo che, passando sotto l'Adriatico, porterà energia più economica e pulita prodotta nel Montenegro e nei Balcani». Non le sembra un po' poco? «È soltanto uno degli aspetti che possono fare restare duratura la crescita di questa area del Paese. Molto può arrivare anche dalla creazione di una zona franca nelle aree terremotate e per il Lazio dall'avvio di Roma Capitale. Tutto il Centro Italia poi ha bisogno di una scossa per l'internazionalizzazione delle sue imprese. I dati parlano chiaro». Cosa dicono? «Il valore dell'export italiano vale 320 miliardi di euro. Oltre 200 miliardi sono creati dalle aziende del Nord. Solo 70 miliardi da quelle del Centro e ancora meno, 50 miliardi, dalle imprese del Sud. In più c'è da tenere conto che delle esportazioni del Mezzogiorno la metà deriva dalla lavorazione dei prodotti petroliferi e da mezzi di trasporto. Insomma c'è molto da fare. Le norme legislative in arrivo serviranno a dare una spinta soprattutto al Meridione». A che tipo di intervento si riferisce? «Nel ddl sviluppo in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale abbiamo elevato la partecipazione della Simest (Società pubblica per l'internazionalizzazione) nelle operazioni di venture capital fino al 70% dalla soglia attuale del 49%. Questo solo per le iniziative prese da aziende del Sud. Le regioni saranno invitate a costituire loro fondi presso la società pubblica per coprire la parte eccedente il 49%». Basterà a far uscire le aziende meridionali dal guscio ? «È un segnale importante. Il capitale di rischio per gli imprenditori che si internazionalizzano arriverà in buona parte dal pubblico. Alle regioni basterà anche una partecipazione nell'ordine di qualche decina di milioni di euro. L'effetto di moltiplicazione è molto elevato. E la misura serve a concretizzare un obiettivo». Quale? «Portare entro la fine della legislatura la quota dell'export del Sud dal 17 al 25% del complessivo nazionale. E a raddoppiare dal 10 al 20% la quota di investimenti esteri nel Meridione».