Partito del Sud, il Pdl chiede a Berlusconi di intervenire

Lo stato maggiore del Pdl scende in campo per bocciare l'idea di un partito del Sud. Troppo alti i rischi di una scissione che ai più, alla fine, sembra provocata da solo da una poco dignitosa lotta di potere all'interno dei confini siciliani. Il pericolo però, per il Pdl esiste. Perché il rischio è che si saldi tutto un fronte che va dal napoletano Laboccetta alla Poli Bortone in Puglia per arrivare fino a Micciché e Lombardo dando vita a un vero e proprio movimento meridionale che rischierebbe di spaccare il Popolo della Libertà addirittura in tre tronconi: uno più meridionale, uno «romano» e uno più settentrionale. Per questo ieri, contro l'ipotesi di un partito del Sud sono scesi in campo i due capigruppo di Camera e Senato del Pdl e addirittura il ministro della pubblica amministrazione Renato Brunetta. Maurizio Gasparri ha invitato lo stesso Presidente del consiglio a pronunciare una parola chiara sul problema: «Berlusconi mi ha detto che avrebbe messo fine a un chiacchiericcio che in sostanza è un attacco alla sua guida del governo. So cosa ha detto a noi, ma leggo poi ambigue affermazioni di altre persone. Berlusconi a questo punto dica in pubblico ciò che ci dice in privato, bloccando chi lo attacca fingendo di non farlo. Ci dobbiamo occupare d'Italia. Quindi anche di Sud. Non lasciare agire chi ha altri scopi».   «Che si debba agire per colmare il deficit di infrastrutture nel meridione e per garantire soprattutto nel turismo lo sviluppo del Mezzogiorno è cosa più che giusta — ha proseguito — Il Pdl e il governo hanno fatto molto in proposito e ancora di più faranno. Servono risorse, e c'è il Fas, la capacità di usare i fondi nazionali e comunitari che le regioni del Sud talvolta non hanno saputo impiegare con efficacia a proprio vantaggio». Per Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera del Pdl, «l'ipotesi di un partito del Sud è un controsenso perché il Pdl ha ottenuto il suo maggior successo alle elezioni politiche proprio nel Mezzogiorno». «È aperto, invece — ha proseguito — il problema di una politica meridionalista, a partire da una corretta utilizzazione del Fas, che sia rigorosa, che non riproduca quell'assistenzialismo che nel passato ha già nuociuto alle regioni del Sud ma che finanzi progetti significativi per lo sviluppo del Mezzogiorno. Però le regioni meridionali a loro volta devono attivarsi sotto due aspetti: per collaborare con il governo centrale per progetti di carattere organico e per una politica di rigore e d'efficienza per la sanità». Più cauto il ministro Renato Brunetta: «Bisognerà ripensare alla questione meridionale, che non è solo un problema di risorse, perché di soldi ne sono stati dati tantissimi e spesso sono finiti proprio nelle mani della criminalità. Il problema è di società civile, di buone regole, di buoni esempi, di responsabilità delle classi dirigenti». Intanto però lo Svimez nei giorni scorsi ha reso pubblico un rapporto che spiega come al Sud stia aumentando il fenomeno degli «scoraggiati» del lavoro, cioè dei disoccupati che scompaiono dalle statistiche perché non cercano più un impiego. Nel 2008 sarebbero stati 95 mila in più. E, sommando i disoccupati ufficiali con quelli «scoraggiati» si salirebbe nel meridione ad un tasso di disoccupazione del 22%.