Il mea culpa del Pd

È partito tutto dal presidente della Provincia di Roma Nicola Zingaretti. A poco più di un anno dalla sconfitta di Francesco Rutelli alle Comunali, il Pd fa autocritica. «Finalmente» si mormora nella platea della Casa di San Bernardo, l'istituto gestito dai frati trappisti, in cui il Pd romano ha organizzato la sua resurrezione (sarà anche un messaggio all'Udc?). Gli ultimi due anni sono stati roba da film horror: la sconfitta contro Berlusconi, la disfatta a Roma contro Alemanno, la «scomparsa» di Walter Veltroni. Alcuni lo aspettano ma lui non arriva, si vede soltanto il deputato e fedelissimo Jean Leonard Touadi. «Walter è fatto così, tra un paio d'anni tornerà come salvatore della patria» ironizzano alcuni dirigenti del partito. Di Veltroni si sa che domani al cinema Capranica ricorderà l'anniversario del discorso che tenne nel 2007 al Lingotto. Tutt'altra direzione, dunque. Il mea culpa del Pd romano (e del resto del centrosinistra) c'è, eccome. Zingaretti è netto: «Siamo orgogliosi di essere stati i protagonisti di una delle fasi più impetuose di crescita della città ma anche di averne fotografato i limiti, come di una crescita economica che ha prodotto molte diseguaglianze». Insomma, la mancanza maggiore è stata quella «di non avere fino in fondo creduto e scommesso sulle potenzialità della crescita dell'area vasta». Ora l'obiettivo è quello di «integrare di più», cioè «unire» ma anche «innovare» puntando alla città metropolitana per «ridare una prospettiva di sviluppo alle tante forze sociali, economiche, produttive che sono smarrite e probabilmente impaurite di ricadere nel buco nero della rometta della spesa pubblica». Sulla Capitale di Alemanno, Zingaretti non è mai frontale. È il «regista» Goffredo Bettini a non fare sconti: «Paradossalmente la giunta Alemanno sta facendo l'errore finale del modello Roma, ne ha copiato la coda, l'involucro. Il modello Roma è stato anche una grande alleanza tra le forze più importanti della città ai fini del suo sviluppo. Penso che Alemanno su questo abbia lavorato con una certa intelligenza, riuscendo a costruire una macro politica di alleanze. Tuttavia sotto questa macro politica c'è il vuoto». E se il segretario del Pd del Lazio, Roberto Morassut, punta il dito «sugli ultimi due anni, dal 2006 al 2008, in cui le grandi trasformazioni della città hanno inevitabilmente aperto nuovi conflitti a cui non abbiamo saputo rispondere», il presidente del Decimo Municipio Sandro Medici (Sinistra e Libertà) lo dice chiaro e tondo: «Rimettiamo in discussione questa prosopopea che c'è a sinistra secondo cui noi abbiamo le idee giuste ma non riusciamo neanche a farci ascoltare». Il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo, suona la carica: «Non sono disposto a fare il candidato di bandiera solo perché ancora raccolgo consensi ma voglio provare a costruire una nuova stagione del centrosinistra». Non è roba da poco. Anche per questo il convegno «Ripensare Roma» diventerà un sito internet «per raccogliere idee, proposte e contributi: una rete al servizio delle esperienze del centrosinistra nel territorio», ha concluso il sindaco. Pardon, il presidente Zingaretti.