Fini: "Di immigrazione adesso se ne occupino gli Esteri"

Un rapporto poderoso. Mille pagine. Di analisi e, soprattutto, di idee innovative. È il rapporto «Fare Italia nel mondo» che verrà presentato mercoledì alla sala capitolare del Senato. In pratica è un ampio lavoro di ricerca realizzato dalla fondazione Farefuturo, presieduta da Gianfranco Fini. Relazione che chiede una svolta a tutto tondo nella politica estera. E non solo. «Nel mondo sempre più frammentato e incerto - scrive Paolo Quercia, il curatore dell'opera - l'Italia ha un suo ruolo da giocare. A patto che sia capace di trovare la volontà, recuperare le risorse e cogliere le opportunità per uscire dalla potenza marginale e in declino che si è ritagliata negli ultimi tre lustri, per tornare a rivestire una posizione più consona a quella spettante a un paese di antica civiltà e grandi potenzialità». Il rapporto dunque si conclude con una serie di «spunti decisionali» che vengono offerti direttamente al governo dall'associazione di Fini, che è stato ministro degli Esteri. Si comincia con il contesto generale, sottolineando come «la crisi deve essere per noi una chance per avviare riforme e una ripresa del Paese». E quindi si suggerisce una «scelta selettiva nei confronti della globalizzazione», per esempio ribadendo «il primato della politica sull'economia e soprattutto effettuare un computo corretto di costi e dei benefici della globalizzazione». Di qui si entra nel dettaglio. E si specifica come sia necessario «mantenere salda l'alleanza con gli Usa» seppur «questo rapporto, pur nella sua rilevanza strategica, va vissuto sempre con la dignità che deve contraddistinguere un paese di antica e storica civiltà come il nostro». A proposito della Nato invece si suggerisce al governo di «essere maggiormente consapevole dei rischi e delle responsabilità che conseguono a impegni come quello afghano, in cui tra le altre cose, si gioca buona parte dell'Alleanza». Tocca ai temi caldi, come le nuove crisi internazionali. E si chiede all'Italia di svolgere «un ruolo importante di presenza e di mediazione e soprattutto di risoluzione delle crisi». Per questo «l'Italia può proporsi per svolgere un grande ruolo geopolitico nel Mediterraneo orientale trasformandosi in un importante vettore di collegamento diplomatico-politico tra Occidente, Mosca e Teheran. Russia e Iran rappresentano infatti due paesi il cui rapporto con gli Usa e con l'Occidente presenta numerosi aspetti di antagonismo, rivalità e contrasto». C'è poi una postilla che sembra ricordare la recente decisione di Fini di annullare un convegno con Gheddafi per l'eccessivo ritardo del presidente libico: «Anche il rapporto con la Libia, paese recentemente uscito dall'isolamento internazionale, può offrire interessanti rendite negoziali per l'Italia verso l'Occidente, sempre a patto che sia costruito con dignità e rispetto reciproci». Un capitolo è dedicato all'Afghanistan. In questo caso si ritiene «opportuno aumentare il nostro impegno sia in termini quantitativi che qualitativi». Inoltre «va ribadito che la partecipazione italiana si deve inserire in una strategia internazionale volta ad avere come fine ultimo la stabilizzazione del Paese, abbandonando eventuali altri obiettivi di social change quali la democratizzazione o addirittura l'occidentalizzazione del Paese». È per questo che sulla presenza militare all'estero Farefuturo chiede di prendere in considerazione di passare da tanti interventi di peacekeeping a interventi di peace forcing, con militari italiani che siano in grado di sparare. No esplicito alla dottrina Bush. Sarebbe opportuno «evitare di partecipare ad azioni esplicite d'esportazione della democrazia e ridurre ai casi più gravi le ingerenze miranti a raggiungere una tutela invasiva dei diritti dell'uomo». Al governo Farefuturo pone anche il problema di lavorare sulla competitività dell'Italia: «Diventano pertanto imprescindibili l'abbattimento della spesa pubblica, la riforma della pubblica amministrazione e dell'università, nonché una riforma del sistema del welfare che adegui il sistema pensionistico sulla base di un patto generazionale». Poi vengono le scelte più spinte. Per esempio «al fine di rendere le imprese più adatte ad affrontare i mercati internazionali - si legge nelle relazione - è necessario rafforzare la crescita dimensionale d'impresa, principalmente attraverso l'utilizzo della leva fiscale, riducendo per un periodo l'aliquota per quelle newco che nascono da una fusione d'imprese e che sviluppano un progetto di internazionalizzazione corrispondente a strategie statali». Sull'immigrazione la proposta è di «passare a un approccio maggiormente politico-internazionale della questione migratoria e delle politiche di gestione dei flussi democrafici». «È pertanto necessario passare a una gestione più politica e meno economico-sociale dell'immigrazione con l'assunzione di un ruolo crescente da parte del ministero degli Affari Esteri nella determinazione delle quote, dei flussi e delle priorità geografiche». Altra soluzione riguarda la cooperazione allo sviluppo visto che si invita il governo a «studiare meccanismi di incentivi pubblici (detassazione o cofinanziamento) per la quota di rimesse degli immigrati che vanno a finanziare progetti di microcredito per creare un sistema di piccole aziende a gestione familiare». Infine, la riforma istituzionale con una nuova architettura che sia di supporto all'internazionalizzazione. La richiesta è l'istituzione di un vero e proprio ministero ad hoc che abbia quattro ambiti di intervento: politica commerciale; promozione del commercio estero e lotta alla contraffazione e concorrenza sleale; attrazione degli investimenti; promozione dell'immagine dell'Italia nel mondo.