Una storia che si ripete: stesso copione del 1994

(...) tremebondo, il Parlamento non avrebbe mancato l'appuntamento mirato a far chiarezza sul filo eversivo che attraversa la storia repubblicana degli ultimi tre lustri. L'Europa, in verità, ci diede un pessimo esempio, evitando di celebrare la Norimberga politico-culturale sui comunisti ed i loro complici, facendo, così, slittare i conti con la storia di Pci, Spd, Pcf e dell'intera eurosinistra inquinata dal Kgb. I nostri parlamentari, però, fecero di peggio, venendo meno anche all'imperativo della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'attentato in progressione, a partire dal 1992, versus gli organi costituzionali. Di siffatto tema-tabù dovetti farmene carico io, con le mie modeste forze, attraverso articoli e soprattutto con 8 saggi di controinformazione, pagandone tutte le conseguenze civili e penali, come studioso più querelato d'Italia da parte della magistratura. Eppure, quei piani affilatissimi si stagliano nitidi: 1) Berlusconi non ha ancora formato il suo primo governo (scioglierà la riserva il 10 maggio 1994) e il 1° Borrelli esterna: «Dovrebbe accadere un cataclisma per cui resta solo in piedi il presidente della Repubblica che, come supremo tutore, chiama a raccolta gli uomini della legge. E soltanto in quel caso noi potremmo rispondere. Non basterebbe certo... una folla oceanica raccolta sotto i nostri balconi. Ma a un appello di questo genere, del capo dello Stato, si potrebbe rispondere con un "servizio di complemento", questo sì». 2) Un decreto volto a ripristinare la civiltà giuridica controfirmato dal Quirinale, il 13 aprile 1994, subisce la stessa sorte del decreto Conso del marzo 1993, perché non supera il filtro del pool di milano. Lo stop, infatti, non proviene dal voto del Parlamento, bensì da Di Pietro in diretta tv. 3) Il 5 ottobre 1994, Borrelli invia un inaudito «preavviso» di garanzia a mezzo stampa a Berlusconi («…si rischia di arrivare a livelli finanziari e politici molto elevati»). 4) Il 18 novembre 1994, il Corriere della Sera, a freddo, annuncia il nome del nuovo premier: «Antonio Di Pietro, l'ultima "difesa" per impedire che il Paese torni alle urne... Oggi, fonti accreditate del Pds rivelano che Di Pietro è uno dei quattro nomi di una rosa di personalità esterne alla politica che potrebbe guidare un governo di transizione». Di Pietro, sempre secondo le fonti del Pds, «può rappresentare quella figura di neutralità formale, necessaria per un governo di tecnici…». 5) Il presidente Scalfaro, tre giorni dopo, a Nisida, parla come se l'Esecutivo sia già caduto, annunciando un «Governo del Presidente». Nelle stesso giorno, è stilato l'invito a comparire al Premier, mentre presiede un convegno internazionale a Napoli. Il cartaceo sarà recapitato a Berlusconi il 22 novembre, ma a mezzo stampa, visto che l'atto, coperto da segreto, appena digitato sul computer del pm Davigo, è già volato il 21 in fotocopia (2 pagine su 3) a via Solferino, per il famigerato scoop del Corsera. 6) il 25 novembre, Di Pietro comunica a Borrelli: «Io, quello (Berlusconi, ndr) lo sfascio»; tuttavia, il 6 dicembre il molisano, a sorpresa, si dimette, forse perché gli hanno promesso Palazzo Chigi. 7) il 22 dicembre, Silvio è costretto a dimettersi e un minuto dopo Borrelli conferisce l'«incarico» a Di Pietro: «Di Pietro… potrebbe riscuotere la fiducia di tutti i gruppi politici…La scelta dei partiti a favore di Di Pietro riceverebbe il benestare dell'appoggio popolare…». Mi fermo qui. Un'altra volta, spiegherò come si riuscì a far perdere a Berlusconi le elezioni del 21 aprile 1996 e così via, tramando, sino ad oggi. Il piano eversivo contro Silvio è in divenire. Chi abbia dubbi, rilegga la confessione di Remigio Cavedon, già direttore de Il Popolo: « …nel maggio 1994… Scalfaro era convinto che il centrodestra non poteva rappresentare degnamente il paese… Berlusconi doveva essere eliminato… Scalfaro stava lavorando per sovvertire la situazione politica». Non è cambiato niente, la sovversione continua.