(...) funerali jazz o con musica, e le bande suonano un misto di jazz, soul e swing.

Dadomenica sera gli orchestrali del Partito democratico che si alternano in tv e alla radio stanno suonando il jazz funeral del loro partito e ormai hanno preso il ritmo inebriante che segue alla sepoltura del caro estinto. Perché il Partito democratico, questo il risultato delle elezioni europee, è morto, come dimostrano le evidenze della cartella clinica. Il Pd passa dal 33,2% al al 26,1%, perde sette punti percentuali ed è tra i pochi partiti di opposizione in Europa che non si avvantaggia della crisi economica. In termini assoluti sono ben quattro i milioni di elettori che lasciano il Pd: da 12 del 2008 a 8 del 2009. Ben un terzo in meno. Come si faccia a essere soddisfatti Franceschini & C. dovrebbero spiegarlo, a meno che, appunto, non si tratti di un jazz funeral. Il Pd perde il primato che deteneva fino allo scorso anno in Liguria, Marche, Umbria e Basilicata e oggi è il primo partito solo in Emilia-Romagna e Toscana. Non è più nemmeno il «partito appenninico» di cui aveva parlato Giulio Tremonti. Mentre il Popolo della libertà è il primo partito in tutte le altre Regioni, un risultato che apre un nuovo scenario in vista delle regionali del prossimo anno. Il risultato delle liste di sinistra (6,5%, due milioni di voti) dimostra che il Pd ha concorrenti con cui non può allearsi e di cui non riesce a catturare stabilmente il consenso; nel 2008 la sinistra estrema e i socialisti avevano raggiunto il 5,2%, pari a 1,9 milioni di voti, non molto meno di quanto hanno oggi. Il tentativo di annettersi il risultato dei Radicali - che alle scorse elezioni erano stati nelle liste del Pd - è arbitrario. Il 2,4% (750mila voti) rappresenta il consenso «storico» di Marco Pannella, a condizione che sia «solo contro tutti». Quando si allea, il contributo è meno della metà. C'è più di un motivo per pensare che l'alleanza tra Pd e Radicali è probabilmente chiusa per sempre, anche se i Radicali resteranno in Parlamento nel gruppo del Pd. Il Pd post veltroniano ha consegnato a Di Pietro la vittoria a sinistra, offrendogli su un piatto d'argento il raddoppio dei consensi. Franceschini ha scimmiottato l'antiberlusconismo antipolitico e giustizialista e ha portato i voti all'originale e non all'imitazione. Il Partito democratico non ha margini di manovra politica: se si tiene Di Pietro non può nemmeno parlare con l'Udc; se cerca di agevolare la nascita di una forza alla sua sinistra, resta sotto l'ipoteca comunista. Dunque, suonare felice come fa Franceschini è celebrare il jazz funeral del Pd, una tradizione, per altro, che affonda le sue radici in Africa. Giorgio Stracquadanio