Non chiudere la porta alla Cgil

Èevidente quindi che quando Brunetta derubrica la manifestazione a «scampagnata» e Gasparri la definisce «flop», a prevalere è il commento politico. Tuttavia, sarebbe un errore sovrapporre le questioni poste da Epifani con la battaglia contro Berlusconi. L'intervento del leader della Cgil non aveva il gusto amaro di una disputa partigiana. Quello di ieri è sembrato piuttosto un appello al governo e alla Confindustria: non isolate la Cgil, coinvolgetela nel dibattito sulle misure anti-crisi. Se così fosse, la maggioranza — ed anche l'organizzazione degli imprenditori guidata da Emma Marcegaglia — farebbe bene a non irridere questa importante controparte. Ci sono mille ragioni che fanno della Cgil il sindacato campione dello status quo e dell'irriformismo. Anche nelle settimane passate abbiamo letto di proposte che appartengono più alla demagogia che al realismo. La mancata firma alla riforma della contrattazione collettiva non può essere considerato solo uno strappo di governo e sindacati «moderati»: Epifani ci ha messo del suo nel costruire la sua posizione di splendido isolamento. La crisi economica però, benché appaiono i primi segnali di ripresa, incombe sulle famiglie e sui lavoratori europei. In Italia, il governo non ha fatto male (e la Cgil potrebbe pure ammetterlo) e soprattutto i tanti difetti attribuiti a destra e a sinistra sulle scelte degli esecutivi del passato — quelli della Dc e del Psi — hanno rivelato di essere forieri di un welfare migliore di tanti altri Paesi liberisti. Tutto questo, però, potrebbe non bastare. Al Nord cominciano a farsi sentire in modo sempre più accentuato i segni del disagio per la chiusura di tante fabbriche. L'ottimismo è un dovere civico ma altrettanto lo è la consapevolezza e la responsabilità. Nel lavoro in cui Berlusconi è massimamente impegnato, la tenuta della coesione sociale, la Cgil rappresenta un tassello fondamentale e insostituibile. In questi mesi il solco che ha diviso il principale sindacato italiano con Cisl, Uil e Ugl si è allargato e la difficoltà di relazione con la Confindustria non è minore. La strada del dialogo e dell'intesa è sicuramente tutta in salita. Questo però non deve costituire un alibi per non percorrerla. Epifani, davanti ad una folla comunque imponente, poteva bruciare i vascelli alle sue spalle. Non lo ha fatto ed è appunto sembrato voler lanciare un ponte alla sua «controparte». Il riferimento è sempre alla formazione di un fatidico «tavolo» di confronto. Il nostro Paese è un tavolificio continuo: chiudere la porta alla richiesta della Cgil sarebbe davvero miope. Il punto vero però non consiste in un lavoro, pure importante, per la consultazione con il sindacato ma la ripresa di un'attività di relazione che punti all'unità delle parti sociali. Un tempo, sarebbe stato il principale partito della sinistra a svolgere un ruolo di collegamento. In questo caso, purtroppo, il Pd appare marginale e a rimorchio. Al governo quindi toccherà fare la propria parte in prima persona. La Cgil non fiancheggerà mai la maggioranza di centrodestra, questo è chiaro. Ma può aiutare la garantire che l'istinto della piazza non esondi in proteste poi incontrollabili. Epifani e Berlusconi hanno concluso i loro interventi con le stesse parole («non lasceremo nessuno indietro»). Queste possono essere la premessa di una unità più larga e più forte. Paolo Messa