Sinistra faziosa, più poteri al premier

{{IMG_SX}}Noi e non io. Non un uomo solo al comando ma un gruppo di uomini e donne.Non più "meno male che Silvio c'è", ma «avanti Popolo della Libertà». È un Berlusconi diverso, nuovo quello che chiude il congresso del Pdl. Non più il Berlusconi che va avanti da solo e tutti a seguirlo o inseguirlo. No. È un Berlusconi che parla di una nuova responsabilità, «quella di guidare il Pdl». «Mi auguro — confida — di essere all'altezza. Cercherò di non deludervi mai». Nega l'esistenza di un berlusconismo. Anzi spiega che se proprio esiste i suoi fodamentali «sono la libertà, la democrazia, la dignità dell'uomo, la parità tra uomo e donna, la sacralità della vita, la difesa della famiglia naturale». Un Berlusconi che parla del governo come di un «peso» da portare. Ma soprattutto è un Berlusconi che non si ritiene più immortale, pensa di costruire il Pdl come qualcosa non solo esclusivamente legato alla sua persona. Confessa che «quello che abbiamo costruito durerà nel tempo e sopravviverà certamente ai suoi fondatori». Ammette che possa esserci qualcun altro. Ammette che ci sarà qualcuno dopo di lui. Ammette che esiste una coabitazione con altri. E infatti acconsente, per la terza volta in tre giorni, a condividere il palco con altri. Prima con i partitini, poi con Fini, infine con i componenti dell'ufficio di presidenza del Pdl. È successo. E significa che il nuovo partito non è una cosa di Berlusconi. O non è solo sua. C'è intanto un co-fondatore, che è Fini (anche se nella replica Berlusconi, ad eccezione delle riforme, non ha dato alcuna risposta alle questioni sollevate il giorno prima dal presidente della Camera; che infatti ha scelto il silenzio senza commentare il dicorso fatto alla Fiera dal premier). E ci sono, nella foto finale, anche i componenti del nuovo vertice del partito: i presidenti di Regione. I sei governatori del centrodestra, tra cui gli ultimi due, l'abruzzese Gianni Chiodi e il sardo Ugo Cappellacci. E chiama sul palco anche il sindaco di Roma. Gli ultimi tre sono coloro che hanno vinto una competizione elettorale territoriale già con la nuova formazione. Il Pdl insomma vuole avere nel suo tratto iniziale un legame con le scarpe da consumare, con le mani da stringere, con l'ascoltare le persone per strada. In tutto ciò c'è una consapevolezza. Che è la consapevolezza di un limite. Berlusconi vuole arrivare al 51% degli eletori. Anche stavolta il suo annuncio era stato relegato a una semplice battuta fatta chiaramente un paio di settimane fa: era un programma politico. Ora confessa che da solo non può farcela. Ha bisogno di altro. Ha bisogno di altri. Ha bisogno che questi nuovi pezzi di società, guardando il Pdl, si immaginano a casa propria. E non a casa del Cavaliere. E in effetti il padiglione 8 della Nuova Fiera di Roma non era la casa del Cav. Non era la solita manifestazione berlusconiana. Berlusconi non sarebbe stato così leggero da immaginare come jingle tra un intervento e un altro la musichetta di «Meno male che Silvio c'è». Che infatti ha resistito poco, il tempo che il capo se ne accorgesse. Era troppo evidente che, annunciato da quelle note, Fini non sarebbe mai salito sul palco. Anche dentro Forza Italia non tutti hano compreso questa svolta del premier. Un Berlusconi diventato inclusivo, che non taglia le verità con l'accetta, che non fa improvvisazioni. Legge un testo e non va a braccio. Niente colpi di scena. E soprattutto niente battute, scherzi, lazzi. Un Cavaliere sobrio. Che d'altro canto già era apparso così in campagna elettorale, quando aveva archiviato la parola «miracolo» per far posto a «sacrificio». Insomma, un Berlusconi che tende più ad essere padre della patria. Che non esclude e diventa anche più morbido nei confronti della sinistra. Che riscopre la prima vocazione, quella dell'uomo del fare. Che non vuole semplicemente passare alla storia, come nel 2001, ma vuole incidere, lasciare il segno. Ora non resta che attendere. Attendere che le premesse si concretizzino. Basterà attendere le liste per le Europee, che dovrebbero essere composte in prevalenza di giovani e donne: a dare retta ai nomi che circolano non s'è sentito ancora un ragazzo e tanto meno una fanciulla. Di più: ad eccezione degli uscenti (e nemneno di tutti) non si è ancora visto circolare una figura competente e che abbia qualcosa a che fare con l'Europa. La strada, insomma, è ancora lunga.