La rivolta della notte «Trattati come film porno»

Ma come passeranno alla storia questi tre giorni che hanno monopolizzato la scena politica italiana? Sicuramente saranno quelli della coronazione del sogno del premier e della consacrazione di un vero bipartitismo all'italiana. Ma è anche vero che non potranno essere quelli del «siamo tutti sempre e solo d'accordo». Se n'è accorto qualcuno? Eppure le voci fuori dal coro ci sono state, solo che in pochi hanno avuto l'onore di ascoltarle. Sono le 21.03 di sabato scorso. È da poco finita la pausa per la cena e nella sala assembleare stanno riprendendo i lavori. Ignazio La Russa apre la fase di votazione degli emendamenti allo statuto proposti da alcuni delegati che stoicamente siedono ancora in sala. Un numero decisamente inferiore rispetto ai 6000 che avrebbero dovuto esserci. E che lo spettacolo inizi, verrebbe quasi da dire, dato che, le proposte di modifica sono state tutte o respinte o ritirate dai proponenti. D'altronde La Russa sa essere molto convincente sui delegati. Gli piace indirizzare il loro voto trasformandolo in un rettifica di quanto gia stabilito dalla commissione esaminatrice. Un semplice passaggio formale, a volte anche noioso. E, per semplificare il compito ad una platea quasi dormiente, in alcuni momenti al posto di proporre la classica versione « favorevoli, contrari, astenuti» ne inverte l'ordine anticipando quello da scegliere. Eppure, di lì a poco, qualche tiratina d'orecchie al Pdl arriva. Il primo a tentarci è il senatore Guido Possa che, rivendicando il successo nel 1994 dei "Club Forza Italia", denuncia l'eccessiva burocrazia che lo statuto del partito impone per l'apertura di un circolo: «Il Pdl ha bisogno di un'organizzazione radicata sul territorio. Dobbiamo avere la libertà di costruire un club. Le associazioni previste invece devono essere solo tematiche. Noi abbiamo bisogno invece di una maggiore apertura». Ma l'intervento che rianimerà la platea arriva immediatamente dopo. Sono ormai le 22.32, quando il presidente del congresso, il senatore azzurro, Giampiero Cantoni, invita a parlare l'onorevole Menia. Sì, proprio lui. Il "dissidente" che al congresso di chiusura di An aveva tuonato: «Noi entriamo in una formazione dove le regole per i contenuti non sono ancora chiare». Ora la platea è tutta lì per lui. Beh insomma i pochi peones che ancora riscono a tenere gli occhi aperti. «Mi fanno parlare in seconda serata». Un applauso blocca dopo poche parole il sottosegretario all'Ambiente. Già si capisce che vuole rompere l'uniformità di pensiero di tutti quelli che l'hanno preceduto. E continua: «Ma voi sapete che i programmi di seconda serata sono i più belli perché sono i più liberi. Ti dicono: "Vuoi fare il grillo parlante allora i grilli cantano la sera e poi stai attento che non ti schiaccino sul muro", ma io dico che, se sono nel Partito della libertà, io questa liberà vorrei viverla e praticarla». Una scelta che però paga a caro prezzo. «Io non ho portato il mio intervento ai vertici per far vedere se andava bene e quindi vengo condannato a parlare davanti a quattro gatti mentre in tv vanno in onda i film porno». Si sente figlio del Popolo delle Libertà ma «avrei preferito un altro modello.Il Pdl si rivelerà vincente solo se saprà valorizzare le identità, non sbiadirle o ucciderle». Il popolo va bene, aggiunge, ma «nell'entusiasmo, non nei peana al capo, nella militanza, non nel partito dell'uomo solo al comando». Un discorso durato 22 minuti e 24 secondi concluso con queste parole: «Io voglio credere in un partito che sia libero, che rispetti le identità e non sia un minestrone indistinto». Parole che lasciano il segno tanto da fargli conquistare la «standig ovation» dei pochi delegati presenti nel padiglione 8 della nuova fiera di Roma.