Ora l'Udc collabori con noi a riformare il Paese

InItalia il centro non è mai esistito. La Dc è di centro-destra e di centro-sinistra. L'elettorato Dc ha percepito il PdL come una Dc di fatto. Sono stato il primo a suggerire al presidente Berlusconi il progetto del Popolo delle Libertà e il primo a parlare a Fini della lista unica. Dopo la Dc c'è un solo «gigante»: Silvio Berlusconi. Il suo genio ha evitato all'Italia nel '94 l'avvento del comunismo giudiziario peggiore di quello ideologico. Da «democristiano berlusconiano» evito di sbrodolarmi nelle lodi del mio presidente del Consiglio. Andiamo all'incompiuta: fin qui né Berlusconi, né i suoi critici sono riusciti a costruire un partito forte come la Dc e, dunque, potenzialmente duraturo come la Dc. Forza Italia è arrivata al 25 per cento, il PdL al 40, ma a Berlusconi non basta perché lui ha l'occhio lungo e sa che nella storia restano i partiti che prendono un voto in meno o un voto in più del 50 per cento. Il PdL nasce con questo obiettivo ed è ancora una volta un'intuizione solitaria di Silvio Berlusconi. Un partito così in Italia può vincere per tre decenni ma deve essere come diceva Tatarella, il più democristiano dei destri: lui sognava un partito che prendesse tutti i voti dei democristiani, dei missini e di quelli che non erano di sinistra. Il vecchio Pinuccio contava sino al 65%, Silvio è più prudente: per il PdL vuole superare quota 50. E, allora, c'è poco da fare gli schizzinosi: senza l'Udc l'impresa è complicata, magari ci si riesce, ma ci vuole più tempo e per le Europee non ce la facciamo. Alemanno dice che il Ppe non è solo la casa dei democristiani. Verissimo. Il Ppe in Europa è l'unione dei partiti democristiani e dei partiti conservatori, con proporzioni di quattro a uno a favore dei democristiani. D'accordo che in Italia dal '93 i democristiani hanno fatto un partito a testa che non contano più nulla. Ma è pensabile di fondare in Italia il Ppe senza di loro? Nel PdL c'è la mia Dc e al governo mi sto dando da fare, ma nemmeno io — che di carattere non sono modesto — posso pensare di rappresentare da solo un mondo residuale ma complesso come gli ex dc. Dunque, c'è poco da discutere: bisogna aprire all'Udc e c'è solo da guadagnarci. Diranno di si? Benvenuti. Il PdL è casa loro come mia, di La Russa, di Verdini, di Caldoro e della Mussolini e di chi ci vuol venire. Casini ha sbagliato a non entrare perché ha diviso i democristiani impedendogli di ritrovarsi tutti, senza eccezioni, in un grande partito per la prima volta dopo 15 anni. La nostra scommessa rimane il bipartitismo che non è un'invenzione italiana, ma la politica europea di oggi. La nostra sfida è il PdL che dovrà accogliere l'Udc o prendere atto definitivamente di una risposta negativa. Obiettivamente Casini ha anche un'altra opzione che è quella di allearsi con il Pd facendo il nuovo Prodi e cioè il cattolico che mette il cappello sulla revence della sinistra contro Berlusconi. Per carità, in politica tutto si può fare, ma all'Udc auguriamo di meglio: concorrere con noi alla ricostruzione di un sistema-Paese e di ritrovarci, cattolici e laici, in un grande partito italiano che raccolga il meglio dell'eredità democristiana e resti in campo per molti decenni, in altre parole entrare nel Popolo delle Libertà. L'alternativa era fare un PdL sbilanciato a destra, Casini un Centro senza voti, restare divisi e vederci ogni tanto ai funerali dei grandi della Dc che, a differenza nostra, hanno fatto meno cronaca e più storia. Gianfranco Rotondi Ministroper l'attuazione del Programma