Nicola Imberti n.imberti@iltempo.it Ha chiuso il suo ...

Il «governo dell'opposizione» verrà azzerato e lui tornerà ad essere un deputato semplice. Una prospettiva che non lo preoccupa. Così come non lo hanno preoccupato le precoci dimissioni di Walter Veltroni, l'uomo che lo ha coinvolto nel partito. Morto un segretario, se ne fa un altro. Ma è veramente Franceschini quello di cui il Pd ha bisogno? «L'Assemblea nazionale si è trovata a gestire una crisi nella crisi. Questa è la ragione per cui l'unica soluzione possibile era quella di eleggere Franceschini. Non si tratta di un reggente, ma di una gestione straordinaria». Crisi nella crisi? Sta pensando alla situazione economica del Paese? «Guardiamo a cosa è successo alle aziende e alle istituzioni finanziarie italiane nell'ultimo anno: è stato distrutto il 70% della capitalizzazione di Borsa. Qui non c'entrano i ricchi e i poveri, il mercato sta dando un giudizio serio e negativo sulla capacità di resistere del nostro sistema economico». Scusi, ma che c'azzecca il Pd? «Come opposizione saremo chiamati, in Parlamento, ad un ruolo di responsabilità nella gestione della crisi». Sarete chiamati da chi? «Io credo da Berlusconi stesso. O ci sarà un'inversione di ciclo economico o per il nostro Paese comincerà il conto alla rovescia. Il governo si renderà conto di non poter gestire da solo questo momento e noi dobbiamo essere pronti». A dire il vero Franceschini è sembrato più preoccupato dalle scadenze elettorali che dalla crisi economica. «Franceschini è stato politicamente pragmatico e approvo le sue valutazioni. Io non sono per un giovanilismo di parata. Fare il numero uno di un partito è una cosa seria soprattutto perché si tratta di una gestione straordinaria: servono esperienza e conoscenza della macchina». Certo, detto da uno che è stato usato come esempio del nuovo che avanza è un po' strano. «Non si devono scambiare competenze e capacità con ragionamenti di comodo. Prima di approdare al Pd ero ai vertici di Confindustria e di una granze azienda. La carta d'identità non c'entra». Quindi il neosegretario è l'uomo giusto al momento giusto? «In un momento normale non avrei approvato questa soluzione. Ma oggi non siamo in una situazione normale». Crede che il Pd si salverà? «Ora siamo in mezzo al guado, ma abbiamo le forze per arrivare dall'altra parte. Io ci credo». Deluso dalle dimissioni di Veltroni? «È lontano dal mio modo di essere analizzare scelte di questa portata. Sono rimasto shoccato e umanamente colpito, ma l'analisi di una crisi non può diventare la ragion d'essere della vita e della dialettica di un partito. Ora lavoriamo».