Intercettazioni, il premier vuole un Ddl più duro

Ne parla di primo mattino a Villa Certosa prima di riprendere il tour elettorale. Ne riparla a Sassari, dove deciderà di rileggere — non a caso — un brano del '94 sulla libertà. E ne riparla ancora ad Alghero, nella hall dell'albergo della sua ultima tappa. Anche se lo stesso Cavaliere spiegherà: «Il mio non è un atteggiamento maniacale. Voglio solo deplorare quello che è accaduto. È un atteggiamento da spioni di Stato». Ma che cos'è che preoccupa così tanto il presidente del Consiglio? Tutto nasce dall'archivio Genchi, sequestrato di recente. Si tratta dell'archivio del consulente informatico del pm catanzarese De Magistris con il quale sarebbero stati analizzati migliaia di tabulati telefonici tra i quali quelli di importanti esponenti politici di tutti gli schieramenti e persino quelli del telefono cellulare del capo dei servizi segreti. Berlusconi sabato sera aveva parlato del più grande scandalo della Repubblica che starebbe per scoppiare. E così, esaminando la situazione a Villa Certosa con i suoi, il premier spiega che adesso è necessario provvedere a «un testo più stringente di quello attuale». Si riferisce evidentemente al disegno di legge che è in corso di esame alla Camera e sul quale di fatto si sono appuntate le critiche sia degli esponenti di An sia di quelli della Lega. Berlusconi però si mostra ottimista e sottolinea: «Gli alleati si convinceranno dopo il caso Genchi». Lascia intendere di aver parlato anche con Umberto Bossi, il quale si sarebbe convinto a un testo più duro. Ora si attende anche la risposta di An. Nel pomeriggio ne discute con i suoi collaboratori e poi nella hall dell'hotel ad Alghero chiarisce con i giornalisti: «Non so molto, so soltanto questi fatti, che sono state controllate molte persone. Se questi fatti corrispondono alla realtà si tratta di una cosa inaccettabile in una democrazia che deve tutelare la privacy del cittadino». Anche lei intercettato? «A me — risponde — non importa nulla. Non c'entro io, c'entrano tutti, non c'entra che sia Berlusconi o un altro». Insomma, il grido d'allarme dell'altra sera non era a caso. Anzi. Si esaminano le reazioni. È proprio il portavoce Paolo Bonaiuti che gli fa notare come nessuno nell'opposizione, ad eccezione di Di Pietro, abbia sollevato obiezioni alla sua denuncia. Anzi, quando un giornalista gli domanda del leader dell'Idv, Berlusconi squadra l'interlocutore con un bruciante: «Chi?». E va via. Anche nel Pd in pratica c'è timore per quanto sta accadendo. Ma questo non vuol dire che Berlusconi sia convinto ad aprire una trattativa: «Non voglio sentire parlare di dialogo, quelli dell'opposizione quando si siedono al tavolo hanno sempre secondo fini. Anche sul federalismo volevano staccare Bossi da me». Si può discutere, insomma, ma non si tratta. O almeno il premier è scettico su un buon fine. Anche se il Cavaliere prova a mandare messaggi. Ma non è disponibile a mettere sullo stesso piano le intercettazioni e la riforma elettorale per le Europee. Nessuno scambio.