D'Alema torna all'attacco di Walter

Peccato che nelle stanze del Nazareno nessuno abbia gran voglia di ridere. Già perché dopo la tregua della direzione nazionale del 19 dicembre e nonostante gli appelli di Walter Veltroni che ha chiesto una tregua fino alle europee di giugno, i Democratici sono nuovamente sull'orlo del baratro. Tra i corteggiamenti dell'Udc, le vicende giudiziarie e gli scontri interni, il partito sembra ormai prossimo all'implosione. Gli uomini più vicini a Veltroni, per dare il buon esempio, hanno deciso di non trattare più l'argomento Partito Democratico e, se interrogati, ripetono quasi fosse una litania: «Dobbiamo smetterla di parlare solo di noi stessi». Ma fuori dalla ristretta cerchia del segretario, è tutta un'altra musica. E anche Massimo D'Alema si unisce al coro. Intervistato dalla «sua» Red Tv, l'ex premier si toglie qualche sassolino dalle scarpe. «Io sono già da tempo unilateralmente impegnato - risponde a chi gli domanda cosa pensi della tregua chiesta da Veltroni - ed infatti se sfoglia i giornali vede che non sono nelle cronache sulle difficoltà del Pd». Anche se subito dopo parte all'attacco. Baffino ammette che nel partito «c'è confusione e la sensazione di una mancanza di responsabilità da parte di diversi» e giudica «sbagliato il fatto che invece di affrontare i problemi si sia alimentata una campagna contro D'Alema il cattivo, non capendo che invece le iniziative della Fondazione e dell'Associazione sono risorse in un momento difficile». Quindi affonda il colpo: «Invece di demonizzare iniziative e convegni è meglio in questo momento impegnarsi a governare il partito» per rilanciare il progetto dopo «molti ritardi e incertezze». Anche lui è pronto a dare una mano perché, spiega, «io sono un uomo pacifico e soprattutto molto preoccupato per lo stato del paese che è l'unico senza un piano per la crisi economica e nel quale, come dimostra l'esito del voto in Abruzzo, c'è una caduta di legittimazione delle istituzioni democratiche. Il fatto che la metà delle persone neanche va a votare, in un momento di crisi economica, testimonia che si sta allargando il distacco tra politica e società». Intanto il lìder Maximo ha già pronta la sua ricetta per rilanciare il Pd: «Ora è utile chiamare a raccolta le maggiori personalità del partito per pensare cosa fare per rilanciare il progetto. Io sono pronto ad un contributo anche se non ho ricevuto chiamate». Un chiaro messaggio a Veltroni che dovrà cercare in tutti i modi di non rimanere isolato. Anche per questo il segretario starebbe pensando di coinvolgere tutti i big del partito nell'organizzazione della conferenza programmatica. Sarà Goffredo Bettini nella riunione a formalizzare la richiesta con l'intento di trasformare l'appuntamento di marzo, che dovrebbe durare due-tre giorni, in un momento di rilancio del Pd in vista delle elezioni di giugno. Quella, è anche l'idea di Veltroni, è la sede nella quale si dimostrerà chi lavora per dare il suo contributo al partito e chi, invece, pone paletti e problemi in modo strumentale. Altre occasioni di chiarimento, non sono all'ordine del giorno anche perché, si evidenzia nell'entourage veltroniano, «una direzione c'è stata venti giorni fa e si è chiusa con un esito unitario». Sarà, ma nella massima unità in cui naviga il Pd, spicca la dichiarazione di Francesco Boccia, deputato vicino ad Enrico Letta (e quindi, secondo i veltroniani, a D'Alema) che replicando a Giuseppe Fioroni che domenica aveva definito Letta, Soru e Zingaretti «personaggi in cerca di autore», attacca: «Se Veltroni si fa rappresentare da Fioroni come può poi stupirsi degli innumerevoli mal di pancia che ci sono? Il gruppo dirigente del Pd è stato scelto dal segretario e ora mi auguro che egli riesca a trasmettere ai suoi più vicini collaboratore l'invito a lavorare invece che a occuparsi di altro».