"Mi dimetto", finisce l'era Mondello

Piuttosto, come ha detto ironicamente un paio di settimane fa, «di andare a raccogliere barbabietole e carote». Tutto per sottrarsi alla battaglia tra imprese che da sei mesi blocca la Camera di Commercio. Da quel 18 gennaio 1993, quando il professor Giuseppe Guarino, allora ministro dell'Industria, lo nominò presidente, di tempo ne è passato. Negli anni la Camera di Commercio ha smesso di essere l'archivio dei certificati d'impresa per diventare un laboratorio. Un laboratorio che ha spinto la crescita romana, consentendo alla Capitale di liberarsi della pigrizia (e della corruzione) degli anni Novanta per raggiungere, in termini di Pil e non solo, la vetta del Belpaese. «Con l'obiettivo - ha ripetuto tante volte Mondello - del progresso, inteso come il miglioramento della qualità della vita di tutti». Ecco dunque l'impegno per la costruzione di una Nuova (vera) Fiera di Roma, del Centro Agroalimentare (che ha sostituito i vecchi Mercati generali), del Polo tecnologico. E, perché no?, della Notte Bianca. Cose che nel Novanta (quando venivano costruite stazioni mai utilizzate) non affioravano nemmeno nei sogni degli imprenditori romani. Ma i tempi cambiano e quei quindici anni sono come scomparsi. Il modello Roma si è ripiegato su se stesso: Veltroni ha preso i «suoi» ed è emigrato in Parlamento, Rutelli ha perso la sfida con Alemanno. Invece Andrea Mondello è rimasto al suo posto ma il meccanismo si è rotto. L'asse Luigi Abete-Andrea Augello (An) spinge per riconquistare il terreno perduto, la Camera di Commercio è spaccata. «Non continuerò a guidarla se non si recupera uno spirito unitario, orientato al bene della città», aveva detto Mondello qualche settimana fa. Quello spirito non è stato recuperato. Anzi, ormai siamo alla resa dei conti. Si apre un nuovo scenario. Le vere dimissioni di Mondello ci saranno tra una decina di giorni, quando il presidente della Camera di Commercio rimetterà il mandato al Consiglio generale che dovrà eleggere un nuovo presidente. Qui arrivano i dolori. Perché la Camera di Commercio è divisa: da un lato industriali romani (Augusto Regina ma, soprattutto, l'ombra di Luigi Abete), Confcommercio (Cesare Pambianchi) e Federlazio (Massimo Tabacchiera). Dall'altro il «blocco» di piccole e medie organizzazioni (dalla Confesercenti alla Cna) che ha dato finora la maggioranza a Mondello. Quest'ultimo resterà presidente della società Investimenti e, ovviamente, di Unioncamere. Per il vertice di via de' Burrò si profila lo scontro tra l'attuale vicepresidente Lorenzo Tagliavanti e il leader della Confcommercio Cesare Pambianchi. Anche se il Consiglio generale potrebbe scegliere un presidente «di sintesi» che porti avanti la Camera di Commercio ancora per un anno e mezzo, la fine naturale del mandato. Il coordinatore del Pd, Bettini, e l'ex presidente della Provincia di Roma, Gasbarra (Pd), chiedono a Mondello di restare: «C'è bisogno di lui». Dispiaciuto il sindaco Alemanno: «Mi auguro che ci sia lo spazio per un ripensamento». Senza il quale il rischio di uno scontro perpetuo è davvero alto.