«Le piccole aziende rischiano di più»

A lanciare l'allarme è Paolo Galassi, presidente della Confapi, l'associazion che riunisce le piccole imprese. Che tipo di impatto ci sarà per le aziende di piccole dimensioni. Riusciranno a resistere alla crisi? «Se riusciranno a resistere ce lo auguriamo vivamente dal momento che costituiscono il tessuto vitale dell'economia italiana. Il fatto è che le piccole imprese ultimamente stavano raccogliendo i frutti delle innovazioni introdotte per far fronte alla globalizzazione. Ora avranno più difficoltà per ottenere finanziamenti dalle banche e non potranno continuare il processo di innovazione. La stretta creditizia si aggiunge all'alta tassazione. Sulle imprese manifatturiere che sono in regola, la pressione fiscale è molto elevata e oscilla tra il 65 e il 72%. Ciò che mi preoccupa non è l'impatto immediato. Le conseguenze a mio avviso, si faranno sentire nel medio, lungo termine. Gli italiani nei momenti di crisi si sono sempre ingegnati e hanno espresso il meglio di se stessi ma questo è possibile solo se ci sono risorse finanziarie a disposizione, se hanno alle spalle una solidità finanziaria che domani con questa crisi potrebbe non esserci più. La mia paura è che le imprese non avranno le risorse per esercitare questa dote creativa». Ci sono anche rischi occupazionali? «Certamente. Le imprese di servizi poggiano su quelle manifatturiere e quindi se questa va in crisi crolla un sistema importante che è l'unico che sta creando occupazione». Non sarebbe stato opportuno approfittare dei periodi economicamente floridi per aggregare le piccole imprese e ridurre così i rischi? «Chi ha fallito la sua scommessa è la grande impresa non la piccola. È stata la grande industria che invece di concentrarsi sull'aumento della produttività ha stornato risorse verso la finanza creativa. Basta guardare quello che hanno fatto le grandi famiglie industriali del nord per capire l'atteggiamento di questi capitani d'industria. Si sono fatti aiutare dallo Stato con sovvenzioni generose e le hanno impiegate nella finanza anzichè investirle in innovazione e ricerca. Le banche hanno le loro responsabilità perchè non hanno premiato i progetti. Bill Gates non avrebbe avuto vita facile in Italia». Cosa chiedete al governo? «La crisi in corso impone azioni decise e condivise, prima che l'impatto sull'economia reale sia devastante: chiediamo al Governo di coinvolgere il sistema della piccola e media industria manifatturiera, l'unica produttrice di ricchezza che si consolida nel tempo, nell'analisi della situazione e delle possibili vie di uscita. Basta con la finanza creativa, per reagire alla crisi bisogna tornare a puntare sul mondo che lavora e produce. Occorre un'azione a ampio raggio. Bisogna avere il coraggio di tornare a investire sulle piccole imprese manifatturiere». In che modo? «Va ridotta la tassazione sul mondo del lavoro. Più assumo e più vengo tassato, è un circolo negativo». La riforma dei contratti può aiutare a superare la crisi? «la Confapi non riconosce la piattaforma presentata dalal Confindustria. le nostre imprese hanno esigenze diverse dalla grande industria. I sindacati si devono rendere conto che le aziende sono cambiate. Gli operai non arrivano più alla fine del mese e alla lunga questo è un danno per le imprese. Noi proponiamo un doppio livello di contrattazione e stipendi che devono variare in base alla produttività e alle aree geografiche. Chi opera in un distretto o in un settore più produttivo deve essere pagato di più. La nostra piattaforma mira anche al miglioramento delle condizioni di reddito e sicurezza dei lavoratori, partendo innanzitutto da una serie di interventi volti a sciogliere i nodi che limitano lo sviluppo delle pmi nel contesto dell'economia italiana ed europea». L.D.P.