Nicola Imberti n.imberti@iltempo.it È ancora presto per ...

E piace soprattutto il suo libro, La paura e la speranza, che in molti alla festa dei giovani di An (quest'anno allargata a quelli di Forza Italia) gli porgono per autografarlo. In fondo, nella critica del ministro al liberismo forzato, c'è molto dell'economia sociale di mercato tanto cara al popolo di An. E quindi si capisce perché, mentre Tremonti attraversa gli stand, qualcuno gridi: «Vai Giulio, sei un mito». Una bella novità, visto che davanti al ministro ci sono i giovani del partito che nel 2004 (il responsabile dell'Economia lo ricorda più volte nel suo intervento) lo costrinse ad un periodo di forzato riposo. Acqua passata. Oggi il ministro è benvoluto da tutti. Forse addirittura più del presidente del Consiglio. Anzi, a vederlo sul palco, mentre si arrotola le maniche della camicia dopo essersi tolto la giacca, sembra già il premier. E le domande lo aiutano a calarsi nella parte. Tremonti spazia a 360° gradi. Da quella che ormai è diventata la sua ideologia («Non ho ideologia ma se mi si chiede dico Dio, patria e famiglia»), alla scuola che deve basarsi sul semplice principio «un maestro, un libro, un voto». Dalla necessità di una nuova Bretton Woods che ridefinisca le regole di una globalizzazione caotica frutto delle «cazzate» fatte prima, alla politica dei salvataggi messa in atto da diversi paesi europei («sono giusti se evitano che il sistema salti, ma l'Unione europea li considera aiuti di Stato e li penalizza»). Ma non finisce qui. Tremonti parla anche di federalismo fiscale («se fatto bene ci guadagnerà più il Sud che il Nord»), loda il prestito di onore introdotto dal governo Prodi, annuncia un «piano casa per i giovani» da fare utilizzando la cassa Depositi e prestiti, della difficoltà di governare in un Paese che «ha il terzo debito pubblico del mondo, ma non la terza economia», della necessità di «costruire un'idea politica di Europa» e della crisi georgiana in cui non è vero che il «lupo è uno solo e gli altri tutti agnelli». Il ministro dell'Economia, però, non dimentica Berlusconi indicandolo come una delle pedine fondamentali della politica internazionale. Per il Cavaliere due citazioni, le stesse che Tremonti («vorrei fosse chiaro si tratta di battute» sottolinea) riserva a Benito Mussolini.