Giuseppe Failla Il sodalizio fra Gilberto Benetton ...

Padovano — è nato a Vo' nel 1943 — Mion già al termine dell'Università ha realizzato di avere l'ambizione di «essere vicino a chi decideva». La definizione è sua ed è contenuta in un libro intervista «Manager oggi» di Giorgio Brunetti, docente di strategia aziendale, edito dall'Università Bocconi, che rappresenta uno dei rarissimi episodi di dichiarazioni pubbliche di Mion, quasi un piccolo vezzo, un capriccio, prima di riimmergersi nell'ombra. Secondo più di un osservatore la lunghezza del sodalizio con Gilberto Benetton è dovuto proprio alla sua capacità di essere «vicino» a chi decide e quindi di avere sempre presente quale debba essere la separazione necessaria fra manager e azionista. È chiaro che quando la vicinanza è tanto stretta, come nel caso del rapporto fra Mion e Gilberto Benetton, a volte, almeno dall'esterno si fa fatica a capire effettivamente chi sia l'artefice primo delle decisioni prese dal gruppo veneto. Come nel caso della recente rivoluzione delle holding del gruppo che porterà alla fusione dell'accomandita Ragione Sapa, di Edizione Holding e di Sintonia Spa, in Edizione srl. La novità di questa nuova holding consiste nella rigidità della sua governance. La proprietà è perfettamente divisa fra i quattro rami della famiglia Benetton e lo statuto della società prevede schemi rigidi per la cessione delle quote, qualora qualcuno dei soci decidesse di vendere, con tutta una serie di diritti di prelazione interni, in modo tale da preservare la proprietà familiare del gruppo senza limitarne la capacità gestionale. Mion è destinato ad essere l'amministratore delegato di questa nuova creatura che avrà alla presidenza Gilberto e alla vicepresidenza Carlo Benetton. Fra le molte decisioni cruciali che il manager Mion ha sottoposto all'azionista Gilberto Benetton la più ardita e la più complessa è stata quella del lancio dell'offerta pubblica di acquisto di Autostrade. Quell'Opa è stata il suggello alla nascita dell'Impero dei Benetton. La strategia è stata concepita da Mion che però ha più volte riconosciuto pubblicamente che Gilberto Benetton decise in sole quattro ore l'adesione al progetto. Quello fra Mion e Benetton non è stato amore a prima vista. Il manager era già stato contattato nel 1983 ma rifiutò in quanto non credeva che la famiglia avrebbe quotato il gruppo. In Edizione entrò tre anni più tardi e diede inizio al percorso di differenziazione che ha portato i Benetton a essere uno dei gruppi più importanti del capitalismo italiano. Lo schema di diversificazione applicato in edizione Mion lo studiava da anni e lo aveva proposto a Pietro Marzotto, con cui ha lavorato nel biennio 1985-1986 contribuendo all'acquisto della Bassetti. L'idea era quella di usare Linificio come holding per procedere al piano di diversificazione. Marzotto declinò, probabilmente per preservare l'unità della famiglia. I contrasti e le divisioni che hanno caratterizzato la storia successiva del gruppo di Valdagno probabilmente non ci sarebbero stati se il gruppo avesse seguito la strada che hanno poi percorso i Benetton, il cui impero è semplicemente divenuto troppo grosso perché possa avere senso pensare di dividerlo. La formazione da revisore dei conti ha lasciato in Mion un imprinting indelebile che lo porta ad evidenziare immediatamente le criticità di un problema. Un approccio sistematico che ha i suoi pregi ma che più di una volta lo ha messo in difficoltà visto che sia i superiori sia gli investitori tendono a preferire chi dipinge loro scenari rosei piuttosto che panorami complessi e articolati. Innamorato del Veneto, tanto che ha deciso di farvi ritorno per fare crescere i propri figli in quella terra, fa il pendolare tra Treviso e Milano. Da buon nordico ha una spiccata predilezione per le temperature fredde e odia mortalmente il caldo tanto che vive come un supplizio i mesi di giugno e luglio nei quali è costretto a vivere fra le canicole di Roma e Milano per adempiere ai suoi molti doveri consiliari. Al contrario di molti suoi colleghi non è assolutamente tetragono, ma anzi pronto alla battuta e allo scherzo. La sua aria bonaria nasconde una determinazione ferrea nelle trattative. La sua «vittima» più celebre è Cesare Romiti che nella contesa fra gli australiani di Macquarie e i Benetton per il controllo di Aeroporti di Roma si era schierato con la banca australiana, perdendo. Romiti detesta cordialmente sia Mion sia Benetton che, probabilmente, vede come una sorta di nemesi della sua famiglia. Quando l'amministratore delegato della Fiat abbandono il Lingotto era il primo azionista individuale di Rcs e controllava Gemina e Impregilo. Oggi le due società fanno capo ai Benetton (anche se Impregilo è in coabitazione con Ligresti e Gavio) che sono azionisti con una quota del 5% della società che edita il Corriere della Sera. Fatta eccezione per Romiti e pochi altri, Mion gode di un'ottima reputazione anche presso gli avversari come ad esempio il Gruppo Caltagirone, che ha soffiato ai Benetton il Gazzettino, o come gli stessi australiani di Macquarie che lo definiscono un «combattente leale». Mion, insieme a Pier Domenico Gallo, ha fondato un suo fondo, l'Orlando Family fund. Questa iniziativa ha portato, a più riprese, alcuni osservatori a preconizzare la sua uscita dall'universo Benetton. Un ipotesi che non ha mai trovato riscontri e che, a meno di cataclismi, non li troverà neanche nel prossimo futuro.