Il piano anti-pianisti: impronte ai deputati

La guerra di Gianfranco Fini ai pianisti diventa concreta grazie all'alta tecnologia. La soluzione scelta prevede un sistema di riconoscimento di punti caratteristici, detti «minuzie» (le «creste» e le «valli» del polpastrello) dell'impronta digitale. Nel chip contenuto nel tesserino utilizzato dal deputato per votare sarà inserito un codice («template») che contiene tra 15 e 30 punti caratteristici dell'impronta digitale di più di un dito: un codice impossibile da riprodurre e che resta registrato solo nella tessera, garantendo così al deputato il rispetto della privacy. Per abilitare la postazione, il deputato dovrà di volta in volta posare il dito su un piccolo sensore metallico con migliaia di «semicondensatori» nel terminale di votazione: dopodichè dovrà inserire la tessera con i suoi dati, che verranno confrontati con quelli rilevati dal sensore. Se corrispondono (ci sarà un ok sul display di ciascuna postazione) si potrà premere il pulsante di voto. Se il deputato non avrà la sua tessera, potrà farsene rilasciare una provvisoria per la seduta facendosi rilevare le impronte sul momento. Un sistema praticamente «infallibile», che costerà più o meno 400mila euro e potrebbe entrare a regime già dagli inizi del 2009, visto che i terminali sono già predisposti alla modifica. Resta solo il problema della volontarietà dell'adesione al sistema: un punto su cui è stato irremovibile il vicepresidente della Camera Rocco Buttiglione. Ma i deputati che non accetteranno di farsi prendere le impronte, è stato rilevato da qualcuno in ufficio di previdenza, potranno essere sottoposti a una «sorveglianza speciale».