Scavalcato Walter

Ormai è una specie di portavoce della giunta, stratega e al tempo stesso voce critica del mondo di Gianni Alemanno. E lui, Croppi, non lo dice, ma davanti agli occhi gli scorrono le immagini dell'altro giorno in consiglio comunale, con il gruppo del Pd che strepitava davanti alla relazione del sindaco sui conti. Dalle parti del Campidoglio se lo aspettavano. Ma gli uomini del sindaco sono soddisfatti di come si stia chiudendo la settimana. Sentivano il dovere di rendere note le cifre dei debiti del Comune, e l'hanno fatto. E dall'opposizione hanno urlato ma contestando i toni usati dal centrodestra, non la sostanza. Insomma, nessuno ha dubitato delle cifre. «Abbiamo solo elencato i numeri», spiega un uomo molto vicino al sindaco. Ma quella fase si è chiusa, ora se ne apre un'altra. Alemanno la prossima settimana cambierà strategia. Proporrà che il dibattito sul debito sia approfondito, ampio. Insomma lungo. E che procederà di pari passo con il dibattito sul decreto che consegna a Roma 500 milioni di euro. In altre parole nelle prossime settimane in consiglio comunale, alla Camera e al Senato si parlerà del debitone lasciato da Veltroni e Rutelli. Il Pdl si troverà di fronte due strade. Continuare sulla linea dell'elencazione dei numeri o affondare il colpo. Rovesciare la melma che dicono d'aver trovato sulla pubblica piazza. Per Veltroni e Rutelli sarebbe uno stillicidio: ogni giorno si troverebbero pagine e pagine di buchi lasciati al Comune. Molto dipenderà da come si comporterà il Pd. O quel che ne resta. Rutelli furbescamente s'è defilato. Veltroni è rimasto da solo, ormai a difenderlo ci sono solo i suoi. Per questo i segnali che sono giunti dall'opposizione fanno pensare che il centrosinistra non abbia alcuna intenzione di andare allo scontro armato. E qui si entra nella seconda fase. Alemanno proporrà un patto per Roma, un piano di risanamento e ricostruzione della città. Chi pensa si tratti di un'operazione di facciata non conosce il sindaco. Sarà un'opera profonda per smontare pezzo a pezzo l'intero castello di potere della sinistra a Roma. Sarà completamente rivisto il fortino delle partecipate e delle holding che contano sino a 85 società. Smontato e ricostruito su nuove basi. Al Campidoglio sono rimasti ancora troppo scottati dai debiti fuori bilancio delle partecipate, sanno che la Corte dei Conti si sta muovendo e si rendono conto che la Procura della Repubblica se non è ancora intervenuta non l'ha fatto solo per non invadere il campo dei magistrati contabili. Al centrosinistra sarà offerto dunque di entrare a far parte di questa grande operazione che darà nuova forma all'acciaio del cemento armato municipale. Nessuna sigla sarà esclusa. Forse al momento l'unica società che potrebbe restare in piedi così com'è è Zetema, l'azienda che si occupa della cultura in città. Si salverebbe non perché funziona ma perché è un giocattolo che piace anche al centrodestra. E il Pdl sa che deve tendere la mano al centrosinistra (da Rutelli a D'Alema, scavalcando Veltroni) anche perché non ha nemmeno gli uomini e i mezzi per affrontare in toto questo rinnovamento: da una ricognizione fatta, al momento il centrodestra avrebbe uomini di livello per coprire l'80-85% dei posti nei consigli di amministrazione. Infine c'è il tavolo nazionale. L'asse con Tremonti regge e se il federalismo fiscale partirà anzitutto da Roma la città vedrebbe moltiplicare le proprie entrate. Oggi dei nove miliardi che Roma versa allo Stato con l'Irpef ne riceve solo 900 milioni, mentre il governo ha fissato la nuova quota al 25% di restituzione: due volte e mezzo la cifra attuale. Avanti su questa strada, dunque. Anche perché Alemanno avrà voce grossa in capitolo su uno dei tre collegati alla Finanziaria che saranno varati a settembre, quello che va sotto il titolo di "Autonomie". La Lega l'ha capito, e adesso anche il Pd se ne rende conto. Tutto il Pd, tranne il leader.