Una riunione di giovani finita nel sangue

Ecco come Il Tempo raccontò quel giorno di orrore. «Gli assasini, che erano appostati vicino alla rampa di un garage attiguo alla sezione missina, hanno saparato da una quindicina di metri di distanza, con precisione. Bigonzetti è stato raggiunto da tre proiettili, uno entrato dall'orbita destra e uscito dall'orecchio destro, due penetrati nello stomaco e nell'emitorace destro. Ciavatta ha ricevuto un proiettile al petto. Segneri ha avuto un braccio attraversato da un proiettile. Bigonzetti è spirato mentre un'autoambulanza lo trasportava al San Giovanni. Ciavatta ha cessato di vivere in sala operatoria alle 20. Dopo la criminale imboscata un gruppo di missini si radunava davanti alla sede di via Acca Larentia dove era stato inviato un reparto dei carabinieri. Un missino ha inveito contro i militi e ha preso a calci un'autoradio. Egli veniva fermato. Ciò provocava la reazione degli altri contro i quali i carabinieri effettuavano una carica con lancio di lacrimogeni. A questo punto i carabinieri esplodevano alcuni colpi, nonostante il dottor Spinella, capo dell'Ufficio politico gridasse: «Sei pazzo? Non sparare!». Il proiettile colpiva alla fronte il missino Stefano Recchioni e si è fermato alla base della nuca. Trasportato al reparto di traumatologia cranica del san Giovanni giace in stato di coma profondo. I medici disperano di salvarlo». Recchioni, 18 anni, morirà poco dopo, il carabiniere fu individuato nel capitano Edoardo Sivori. «Per la prima volta — spiegherà anni dopo Francesca Mambro — i fascisti romani spareranno contro la polizia. E questo segnò ovviamente un punto di non ritorno». E la sera dell'attentato ci furono scontri violentissimi tra le forze di polizia e i ragazzi del Msi. Vennero bruciate macchine, autobus. Alla fine 37 ragazzi furono imputati per quei disordini ma in 36 furono assolti.