E il Prof mette da parte l'ottimismo

Un annuncio venuto dopo una altalena di notizie provenienti dall'Afghanistan che prima parlavano dell'avvenuto rilascio del giornalista italiano e poi del suo trasferimento nelle mani di alcuni capi tribù locali. Tutte informazioni che hanno immediatamente acceso in Italia le speranze di una immediata e positiva conclusione della vicenda. Lo stop alle fibrillazioni ed alla ridda di voci sulla sorte dell'inviato de La Repubblica è venuto a stretto giro di posta da Palazzo Chigi e dalla Farnesina: poche parole per spiegare, prima, che non c'erano ancora novità, e poi per chiarire in maniera inequivocabile che Mastrogiacomo non era stato liberato. Ma era solo l'inzio di un'altra lunga giornata di contatti e trattative portate avanti, con tutti gli interlocutori possibili, in tandem dal premier Romano Prodi e dal ministro degli Esteri Massimo D'Alema: il primo dagli uffici di Palazzo Chigi, il secondo da quelli della Farnesina. Una dura giornata di lavoro interrotta dal Professore solo per un caffè, nel primo pomeriggio, preso velocemente nella vicina Piazza di Pietra. E tra un sorso e l'altro, il presidente ha fatto il punto con i giornalisti che lo avevano seguito passo passo: «Ci sono poche cose che si possono fare oggi. Stiamo lavorando fin dall'alba e continueremo adesso». Anche in questo caso, poche parole per dipingere una situazione in continua evoluzione che richiede il «massimo riserbo» - come ha spiegato successivamente il portavoce del governo, Silvio Sircana - per comporre il «puzzle» di una situazione molto complessa. Prodi stringe i tempi, sente per l'ennesima volta il presidente afghano Ahmid Karzai. Le linee telefoniche di Palazzo Chigi lavorano senza sosta dall'alba fino a sera. Poi la richiesta del silenzio stampa da parte del ministero degli Esteri: «Per facilitare il lavoro delle organizzazioni umanitarie coinvolte ai fini dell'auspicata liberazione di Mastrogiacomo, si rende necessario in questa fase di estrema delicatezza chiedere ai mezzi di informazione di osservare il silenzio stampa». Una richiesta ribadita da Prodi in serata, quando ha lasciato Palazzo Chigi per recarsi a Messa. Mastrogiacomo non è ancora in mani italiane, si sottolinea sempre nel pomeriggio in ambienti di governo, e non c'è neanche la conferma che sia stato lasciato nelle mani di mediatori. Ma qualcosa ha cominciato a muoversi. «In questo momento meno si dice e meglio è. Stiamo lavorando», taglia corto il presidente del Consiglio. E ancora, dalla Farnesina si sottolinea in serata: «A Kabul è buio e non si attendono per oggi sviluppi». Poi la precisazione: «Si è lavorato molto intensamente. Oggi abbiamo registrato progressi». Ora c'è solo da attendere le prossime mosse dall'Afghanistan, le risposte che Roma si attende dai suoi interlocutori dopo la «realizzazione di tutte le condizioni poste» per la liberazione del giornalista italiano.