Liberalizzazioni, si va verso la fiducia

I tempi stretti e l'ostruzionismo dell'opposizione potrebbero infatti costringere l'esecutivo Prodi a questa eventualità. Di fronte all'iscrizione in massa dei deputati della Cdl a parlare sul complesso degli emendamenti, lo stesso Pier Luigi Bersani ha spiegato di «non escluderla». Anzi, il ministro dello Sviluppo economico si dice certo che gli italiani «vogliono le liberalizzazioni» e preannuncia «troveremo il modo per fargliele avere». Ieri si sarebbe dovuto cominciare a votare sugli emendamenti al provvedimento. Invece fin dalla mattina c'è stato un fiume di interventi in aula dei deputati di Forza Italia, An, Lega e Udc, interrotto solo dalla sospensione in serata della seduta che riprenderà stamani alle 9, con altri esponenti dell'opposizione iscritti a parlare. Quanto ai parlamentari di maggioranza non hanno perso tempo e hanno già iniziato a parlare dei contenuti di un eventuale maxiemendamento. «Di fronte all'ipotesi di fiducia — hanno spiegato — saremmo irresponsabili a non essere pronti». Il provvedimento scade infatti il 2 aprile. Il Senato lo ha calendarizzato per l'Assemblea a fine marzo e la commissione competente dovrebbe avere almeno due settimane di tempo per fare il suo lavoro. Se Montecitorio non riesce a licenziarlo per venerdì prossimo, si rischia di andare fuori tempo massimo. Lo stesso relatore Andrea Lulli pur auspicando un «confronto costruttivo» ha ammesso che «se si va avanti così la strada della fiducia è obbligata». Intanto ieri, fin dalla mattina, la scure della presidenza della Camera si è abbattuta sugli emendamenti al decreto legge. All'inizio della seduta a Montecitorio, il vicepresidente Giulio Tremonti ha annunciato all'Assemblea che erano stati giudicati inammissibili 114 emendamenti, che spariscono dalle circa 100 pagine del fascicolo di richieste di modifiche del testo. Diverse le proteste dei deputati rispetto alla decisione della presidenza che, ha annunciato Tremonti, «si riserva ulteriori comunicazioni sulle ammissibilità». La «pioggia» di inammissibilità ha destato le proteste di deputati di maggioranza e di opposizione, soprattutto di Roberto Villetti (Sdi). Ma il presidente della Camera Fausto Bertinotti è stato irremovibile. «Ai fini del giudizio di inammissibilità della presidenza — ha spiegato Bertinotti in Aula — non possono rilevare né le intenzioni del presentatore né il merito o la finalità dell'emendamento. La presidenza rispetta il merito degli emendamenti, ma chiede a sua volta che vengano allo stesso modo rispettate le sue decisioni». Sono due i punti maggiormente controversi. Innanzitutto, la revoca delle concessioni per la progettazione e costruzione della Tav. Il governo, e in particolare il ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro, l'ha voluta per «mettere ordine» nelle concessioni e far andare velocemente le procedure con gli appalti; la Cdl sostiene che è solo una perdita di tempo, ma sulla norma sarebbe fredda anche l'Udeur. Contestato anche l'articolo 13 del decreto, che prevede la riforma dell'istruzione tecnico-professionale e di valorizzazione dell'autonomia scolastica: norme che non vanno decisamente giù alla Rosa nel pugno. «È piovuta dal cielo — ha detto il capogruppo alla Camera Roberto Villetti — una piccola riforma della scuola per decreto legge, e questo non è ammissibile. L'ha voluta il ministro Fioroni con una scelta di classe». La fiducia potrebbe essere quindi dietro l'angolo se perdurasse l'ostruzionismo, mettendo in forse un'approvazione del decreto in tempo utile. In quel caso, dovrà però essere convocato un Consiglio dei ministri straordinario per autorizzarla.