«Si decide alla Camera e qui la battaglia sarà più dura»

Non può certo dirlo ogni giorno». Gregorio Fontana non è sorpreso della sortita del Cavaliere che è tornato a reclamare la vittoria del centrodestra alle elezioni e a richiedere il conteggio di tutte le schede. Lui, uno dei quarantenni di Forza Italia emergenti, per gli azzurri è l'«uomo delle schede»: è il capogruppo nella giunta per le elezioni alla Camera. Scusi, onorevole, ma non è un po' strano che Berlusconi torni a riparlare di brogli proprio ora? «Proprio ora? Perché?». Be', proprio il giorno dopo che l'ex ministro dell'Interno Pisanu era andato in tv a dire che quella notte era stato tutto regolare? «No, no, attenzione. Pisanu ha detto che è stato tutto regolare per ciò che era di sua competenza». Cioè solo per quanto accaduto al Viminale? «Certo, tanto è vero che ha anche aggiunto di non poter escludere eventuali brogli. Ma è ovvio, se qualcuno avesse voluto cambiare il risultato delle urne l'ultimo posto dove sarebbe andato era proprio il ministero dell'Interno: la proclamazione degli eletti la fanno le Corti d'appello». D'accordo, ma Berlusconi sembrava aver archiviato il caso. Poi, d'improvviso, torna a riproclamarsi vincitore? Che cosa è successo? Ha avuto notizie particolari sul voto? «Ci sono due elementi importanti. Il primo è che stanno emergendo in maniera molto evidente le irregolarità avvenute nel voto all'estero». Ma che tipo di irregolarità? «Tanto per cominciare quanto ha dichiarato il presidente dell'ufficio centrale estero, Claudio Fancelli, il quale ha partato di "voto farsa, da rifare". Basterebbe quello...». Ma lei ha notizie specifiche, precise? «Ci sono due esposti presentati alla Procura di Roma. Mi risulta che i magistrati abbiano avviato le rogatorie, dunque non credo che siano denunce fondate sul nulla. Aspettiamo». Che cosa è stato denunciato? «Fatti, dati concreti». Per esempio? «Per esempio il fatto che una grande quantità di elettori non ha mai ricevuto le schede ma risulta dai verbali che ha votato. Significa che qualcuno si è imposssessato di alcune schede, ha votato e le ha spedite. Sa, sul Senato il riconteggio all'estero potrebbe essere determinante». Lei parlava di due elementi. Qual è il secondo? «Siamo allo showdown alla Camera». E che significa? «Che alla Camera stiamo per decidere se procedere al rinconteggio, come deciso già al Senato, oppure no». E perché non si dovrebbe procedere anche a Montecitorio? «Eh, non lo so. Lo chieda all'Unione. In questi otto mesi non ha fatto altro che perdere tempo». E come si spiega la tattica dilatoria alla Camera piuttosto che al Senato? «Ripeto, non deve fare a me questa domanda. Tuttavia posso immaginare che al Senato la circoscrizione in cui i due poli sono più vicini la differenza è di 15mila voti. Alla Camera invece in tutta Italia la distanza è di appena 25mila. E poi per Palazzo Madama, se si sovverte il risultato di una circoscrizione, può esserci un senatore che cambia segno. Per Montecitorio, invece, ci sono settanta deputati che passano da sinistra a destra». In pratica alla Camera è più probabile che il riconteggio porti al risultato opposto e oltretutto avrebbe effetti maggiori? «Per la prima parte della sua domanda dico che non è più probabile, ma è statisticamente possibile. Per la seconda parte, sì: avrebbe conseguenze poltiche enormi». Alla Camera vi basterebbe il ricalcolo solo delle bianche e delle nulle come deciso al Senato? «Senta, l'ufficio studi di Montecitorio ha effettuato un'analisi sui sessantamila verbali. Da questo lavoro si evince che c'è una differenza tra votanti effettivi e quelli verbalizzati di 23mila unità. Aggiungo un altro dato: nella scorsa legislatura le verifiche portarono 127mila voti di più alla Cdl». Diliberto parla di un Berlusconi che vuole delegittimare la democrazia? «Chiedere il controllo del voto credo sia il massimo atto democratico. E dovrebbe interessare tutti, non solo una parte. Se fossimo a parti invertite non dopo otto mesi, ma dopo otto ore sarebbero scesi in piazza a fare